Oggi ho ascoltato un’intervista radiofonica a Giacomo Manzù, l’artista bergamasco scomparso nel 1991, che raccontava il suo modo di lavorare e diceva che l’ispirazione la lasciava ai dilettanti, perché per creare opere d’arte serve il lavoro, il lavoro quotidiano e ricordava che anche Picasso disse all’incirca la stessa cosa sul suo lavoro. E mi sono ricordato di un’altra intervista, questa volta televisiva, ad Alberto Moravia che descriveva la sua giornata tipo: mi alzo alle sei, alle sette esco per una passeggiata ed alle otto inizio a scrivere fino a mezzogiorno. Anche per lui, quindi, ispirazione, vocazione, musa, erano parole da dilettanti.

È il lavoro che dà risultati; la continuità, la costanza e l’impegno che ti permettono di raggiungere i punti più elevati della creatività e dell’arte. Fatte le debite proporzioni (tranquilli, non mi sono bevuto il cervello), credo che anche per parlare di vini serva quotidianità, costanza e continuità: per capire ciò che dicono i vini e per saperne cogliere le sfumature, i dettagli, le intimità. E credo che sia così anche per chi fa vino: non ti alzi una mattina e ti inventi una grandissima Barbera, anche se ti chiami Giacomo Bologna. Ma proprio perché sei il Giacomo Bologna che quotidianamente ha lavorato a La Monella, al Bricco dell’Uccellone, al Bricco della Bigotta un giorno ti inventi Ai Suma; e solo tu puoi farlo perché sei stato il primo a credere e a lavorare unicamente con la barbera.

Poi, quando ti apri una bottiglia di Barbera d’Asti Ai Suma 2004 di Braida di Giacomo Bologna in quel di Rocchetta Tanaro, ti rendi conto di essere un microbo di fronte all’imponenza, alla solennità, e alla maestosità di questo vino che cattura e seduce tutti i tuoi sensi: dal suono allegro con brio che produce mentre lo versi nel calice, al colore rubino dei manti delle tante Madonne rinascimentali, al profumo inebriante e seducente, penetrante ed ampio, al sapore dolce e maturo, consistente e sferico, fino alla sottile e minuta tattilità dei suoi tannini, morbidi e carezzevoli.

Un’opera d’arte universale.

Gigi Brozzoni