La vita di un vignaiolo solitamente scorre tranquilla e ordinata: il consueto lavoro di potatura, poi la conduzione della vigna, i trattamenti fitosanitari,finalmente la vendemmia e così via, si riprende da capo. Solo lo scorrere lento delle stagioni, apparentemente tutte uguali ma in realtà tutte diverse, detta i tempi e i modi  delle operazioni da compiere, creando qualche apprensione, qualche dubbio, qualche timore.

La grandine è il male peggiore, quello che può vanificare in pochi minuti il lavoro di un anno intero; ma per fortuna poche volte capita in periodi che non consentono nessun recupero. Una volta si guardava il cielo per prevedere che tempo avrebbe fatto, ora si guardano i bollettini meteo per sapere esattamente cosà farà domani. Anche quest’ultimo imprevisto se n’è andato togliendo, un poco di poesia ad un lavoro prevedibile ma sempre duro, che non conosce tregue.

A meno che un giorno andiate nella vostra vigna, quella che con amore ha piantato vostro padre, e cominciate a guardarla in un modo meno affettivo e un po’ più curioso; il vostro sguardo indagatore potrebbe accorgersi che in mezzo al vostro sangiovese ci sono alcune piante diverse. In effetti non è la prima volta che le vedete; le avete sempre prese per del colorino o qualcosa di simile – e sappiamo bene che il colorino a volte si presenta in modi inusuali, un po’ bizzarri, poco definiti – e quindi siete passati oltre e non ci avete più fatto caso. Sono ceppi molto vecchi, contorti, ma oggi li guardate in un modo diverso.

Cominciate così ad osservarli per tutta la fase vegetativa, ne osservate il comportamento, li vendemmiate separatamente e queste uve le vinificate a parte, ne assaggiate il vino scoprendo che è buono e diverso da tutto il vino che avete fatto e bevuto fino a quel momento. Un giorno decidete che da questi pochi ceppi volete fare una vigna, la quale cresce e comincia a dare buoni grappoli che vinificate al meglio ricavandone un vino molto buono, originale, insolito. Lo fate assaggiare, fate vedere la vigna ma nessuno sa dirvi esattamente che vitigno sia; allora vi affidate alla scienza, di fatto e di nome, quando Attilio Scienza, il Professore, vi da il responso delle indagini molecolari: Tempranillo.

Che ci fa un vitigno spagnolo, della Rioja, a San Miniato? Basta poco per fare supposizioni: la Rioja è sulla strada di Santiago de Compostela e San Miniato sulla via Francigena. Nulla di più probabile che qualche pellegrino abbia raccolto qualche seme in Spagna e l’abbia piantato in questa vallata disegnata dall’Arno.

Il lieto fine non è così scontato, perché mentre noi ci beiamo bevendoci un buon Ixe Tempranillo Toscana Rosso 2009 dell’azienda Pietro Beconcini di San Miniato (Pisa), Leonardo Beconcini, figlio di Pietro, ha dovuto faticare non poco per far inserire tra le varietà coltivabili in Toscana e nella provincia di Pisa il vitigno Tempranillo. Operazione riuscita, ma ora viene il bello: fare diventare il Tempranillo a San Miniato un vitigno coltivato da più aziende, così che questa anomalia si trasformi in una bella avventura; e a lieto fine, di quelle strappacuore.

Gigi Brozzoni