La maggior parte della viticoltura mondiale si basa ormai su tre forme di allevamento delle viti: due a spalliera con taglio a cordone speronato o a Guyot ed in alternativa, nelle regioni più calde, l’alberello greco. Molto diversi possono essere, invece, i sesti d’impianto con densità che variano dai 1800/2000 ceppi per ettaro fino ai 10000/12000 ceppi, con conseguenti carichi di produzione che vanno da 4-5 chilogrammi di uva ai 400/500 grammi. In sostanza una sola pianta può produrre anche 5 bottiglie di vino, oppure possono servire i frutti di tre piante per produrre una sola bottiglia.

Nel nostro Paese, però, sopravvivono antiche forme di allevamento che dovremmo sottrarre a questi calcoli produttivi, perché fanno parte della storia della viticoltura e per questo motivo meritano un’attenzione prima di tutto culturale; pensiamo all’importanza che hanno avuto le alberate, le pergole orizzontali, le tennecchie e così via. Qualora vi capiti di transitare nell’alto Piemonte verso la Valle d’Aosta, potrete notare una viticoltura del tutto originale, dal grande impatto paesaggistico e capace di sfruttare le condizioni climatiche di questo tratto di territorio che si insinua verso le montagne aostane seguendo il corso della Dora Baltea.

Siamo nel comune di Carema ove si produce un vino dalla singolarissima personalità. Questo territorio si è formato nel Pleistocene a causa del progressivo scioglimento dei ghiacci che, spinti verso il basso e superata la gola di Pont-Saint-Martin, si aprirono a ventaglio dando vita all’anfiteatro morenico di Ivrea e mettendo a nudo il gneiss, le antiche rocce metamorfiche scistose costituenti la crosta continentale. L’area di Carema, aggrappata sulle pendici del Monte Maletto, è stata totalmente terrazzata dagli antichi viticoltori che hanno creato dei sostegni per le pergole delle loro vigne costruendo delle colonne troncoconiche di pietra, formando così grandi balconi coperti dai tralci delle viti. Si è creato in questo modo un panorama unico e di rara bellezza architettonica e agricola. Queste colonne non hanno solo un ruolo di sostegno, ma rivestono anche una funzione termica, poiché assorbono il calore diurno per restituirlo alle viti nelle notti fredde. Anche i vitigni usati, Picutener e Pugnet, hanno un fascino del tutto particolare,  essendo arcaici progenitori del Nebbiolo.

Per scoprire questo vino dal carattere antico ma dal gusto modernissimo, mi sono affidato alla bottiglia di Carema 2007 dell’azienda Ferrando con sede a Ivrea; Roberto Ferrando è l’ultimo di una storica famiglia di vignaioli che hanno dato forza a questa minuscola denominazione dal grande valore enologico. Il Carema 2007 ha un colore rubino chiaro con sfumature granata, profuma di fiori e frutti di bosco appena raccolti, di spezie piccanti e vegetali balsamici; il sapore è di ampia fragranza per l’allegro accento acido e per i ricchi tannini che animano e rinnovano continuamente il gusto. Austerità ed eleganza sono il tratto che collega questo vino a questo paesaggio viticolo unico al mondo, nel quale le solide colonne di pietra conferiscono alle vigne un aspetto davvero monumentale.

Gigi Brozzoni