Uno dei vini italiani che attualmente va per la maggiore, in patria ma soprattutto all’estero, è il Prosecco. Piuttosto recente è la vicenda che ha portato ad un massiccio ampliamento della zona di produzione, operazione resasi necessaria quale escamotage per proteggere il nome Prosecco dai sempre più numerosi tentativi di plagio in giro per l’Europa.

La legislazione europea in ambito vitivinicolo, infatti, prevede che uno Stato membro possa pretendere l’uso esclusivo di un nome a patto che questo identifichi un legame territoriale e non semplicemente una varietà d’uva; si è così provveduto a mutare il nome del vitigno da prosecco a glera, mentre l’esistenza nel Carso del comune di Prosecco ha consentito, previa estensione della Doc, di legare la denominazione al nome di una località geografica: et voilà, il gioco è fatto!

Il Prosecco è italiano a tutti gli effetti e nessuno (almeno nell’ambito dell’Unione Europea) può più legittimamente usurparcelo. Così a partire dal 2009 ci ritroviamo con un’ampia Doc Prosecco, estesa su ben nove province tra Veneto e Friuli Venezia Giulia, e due più ristrette Docg volte a riconoscere il maggior prestigio delle aree storiche, ovvero “Colli Asolani” o “Asolo” e, soprattutto, la più nota ed universalmente rinomata “Conegliano Valdobbiadene”.

I più maligni, tuttavia, hanno visto in questa considerevole estensione dell’area di produzione un’operazione meramente speculativa e commerciale, volta a sfruttare il crescente successo del Prosecco per dare vita ad enormi quantitativi di un prodotto indifferenziato e dall’anima “industriale” con cui saziare a basso costo (ma con ingenti profitti) la sete di una massa di consumatori indistinta e qualitativamente poco selettiva.

Assaggiando molti Prosecco oggi in circolazione, in effetti, sovente capita di dar ragione all’adagio andreottiano secondo il quale “a pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca”. Per fortuna, però, accanto al diavolo c’è sempre l’acqua santa e non mancano certo vini deliziosi, ben fatti e sincera espressione della tradizione e del territorio.

A Colbertaldo di Vidor in provincia di Treviso c’è, per esempio, l’azienda di Giovanni Frozza, piccola realtà dai numeri contenuti, che però è divenuta uno stabile punto di riferimento per i cultori di nicchia, di quelli che apprezzano i vini per loro originalità e distinzione.

Abbiamo assaggiato il suo Valdobbiadene Prosecco Superiore Extra Dry Col dell’Orso 2012, 11 gradi e mezzo di assoluta freschezza dove, accanto ad una mela verde corredata da qualche sfumatura fruttata più matura, spiccano una sapidità intensa e nervosa ed un rilascio di carbonica cremoso ed avvolgente. Un vino perfetto per gli aperitivi estivi, ma ideale anche per accompagnare i piatti freschi e leggeri consigliati dalla calura di questi giorni.

Marco Magnoli