Vi siete mai chiesti cosa pensa un consumatore di fronte alle tante bottiglie esposte sugli scaffali di un’enoteca? Quali sono i criteri e quali sono i fattori che faranno scattare la sua scelta? Difficile rispondere, perché probabilmente ciascuno di noi ha delle scale di valori diverse basate sulla propria sensibilità, sulla propria cultura, sulla propria disponibilità economica, sui propri usi e costumi.

Ma in linea generale, in base a ciò che osservano e raccontano i tanti enotecari interrogati su questo argomento, il fattore prezzo pare sia quello più determinante e questo non tanto in funzione dalla disponibilità economica, quanto piuttosto dall’idea di quanto debba o possa costare una bottiglia di vino in termini assoluti. Ogni consumatore, quindi, fisserà i suoi limiti economici, minimo e massimo, in base ai propri criteri culturali.

Ciò premesso, però, a parità di prezzo, quali sono i criteri che guidano le scelte successive? Per primo dobbiamo scegliere il colore del vino e questo sarà fatto in base al cibo che si intende accompagnare; poi ci sono delle preferenze geografiche con relative diverse aspettative, anche se un poco standardizzate: al nord si fanno vini più leggeri e freschi e al sud si fanno vini più alcolici e intensi. Non sempre è vero, naturalmente, ma questi sono all’incirca i preconcetti che ciascuno si è costruito col tempo.

Poi ci dobbiamo mettere il nome del vino e del vitigno: ci sono vini alla moda con nomi esotici che esercitano più attrattiva di altri. Abbiamo attraversato le epoche dei Pinot, degli Chardonnay e dei Cabernet, poi dei Merlot e dei Sauvignon, ora pare siano vincenti i vitigni minori autoctoni, meglio se legati ad un doppio nome come Brunello di Montalcino, Bianchello del Metauro, Greco di Tufo, Nero d’Avola. Anche se i castelli, i principi e i marchesi non sono più alla moda, la nobiltà del doppio nome pare sia contraddittoriamente molto apprezzata.

E poi c’è il fattore estetico, cioè l’aspetto della bottiglia in generale e della sua etichetta in particolare; noi abbiamo l’impressione che questo fattore sia, forse inconsapevolmente, un fattore determinante ai fini della scelta di acquisto, forse secondo solo al fattore economico. E allora abbiamo provato a sistemare sul tavolo una lunga fila di vini, tutti buonissimi naturalmente, e ci siamo concentrati sull’etichetta.

La scelta è caduta con grande facilità su un’etichetta della Fattoria Nittardi, il Nectar Dei Maremma Toscana Rosso 2010 prodotto nella loro tenuta che guarda il Monte Argentario. Diciamo subito che il vino è molto buono, ottenuto da cabernet, merlot, syrah e petit verdot, impeccabilmente vinificati da Carlo Ferrini. L’etichetta è bellissima, suggestiva, ed è opera della baronessa Caterina De Renzis: su fondo blu notte (o d’Oltremare) è rappresentata una costellazione e alle stelle più luminose è affiancata la lettera che formerà la scritta Nectar Dei.

Ma è proprio da qui che nascono i problemi; il nome Nectar Dei era quello della torre nella tenuta chiantigiana in prossimità del confine tra le provincie di Firenze e Siena e non ha nulla in comune con la Maremma; inoltre, la costellazione sull’etichetta è quella dell’Acquario, che messa su una bottiglia di vino ci risulta imbarazzante, per non dire che rischia di richiamare antiche pratiche enologiche, forse un poco truffaldine.

Ma l’etichetta è molto bella ed il vino molto buono, quindi saremo buoni anche noi e sorvoleremo questi terreni accidentati.

Gigi Brozzoni