Sembra siano un poco in disuso ormai, ma siamo stati dei grandi produttori e consumatori di vini aromatizzati. Pensate ai vermouth; nati da un’idea di Antonio Benedetto Carpano nel 1786, dal nome tedesco dell’Artemisia, si sono moltiplicati nei secoli successivi fino a diventare icone internazionali degli aperitivi e basilari per i maggiori cocktail di successo. Li troviamo ancora sugli scaffali di tutto il mondo nelle tre versioni bianco, rosato e rosso, prodotte principalmente da multinazionali degli alcoli.
Ad un farmacista di Serralunga d’Alba, Giuseppe Cappellano, viene invece l’idea di aromatizzare il Barolo con un infuso alcolico di corteccia di China Calissaia, ma anche Rabarbaro, Genziana e Cardamomo ed altri ingredienti non meglio specificati, tanto che l’originale ricetta ottocentesca è ancora custodita gelosamente dalla famiglia Cappellano. Numerose sono le interpretazioni che diverse aziende si mettono a produrre per tutto il secolo successivo, tanto da diventare quasi una pratica domestica e famigliare. Più recentemente si sono viste anche versioni inusuali, come il Barbera chinato ed il Barbaresco chinato.
Ed è proprio di quest’ultimo che oggi parliamo, perché Marina Marcarino ce ne ha inviato lo scorso anno una bottiglietta che abbiamo tenuto da parte per tutti questi mesi. Ora è arrivata la buona occasione per aprirla e scoprire di che si tratta. Per prima cosa ci stupisce il nome, perché a differenza del Barolo Chinato, che sta ad indicare l’aggiunta di qualche cosa al Barolo, l’etichetta di Marina Marcorino ci dice: Quintessenza – Barbaresco in infuso di China, cioè un infuso al quale è stato aggiunto Barbaresco. Ma forse è solo un modo per evitare di imitare troppo palesemente la dizione Barolo Chinato, mentre in realtà si tratta di vero Barbaresco, quello che Marina produce sulla sua collina Punset alle porte di Neive, al quale è stata aggiunta la miscela alcolica aromatizzata.
Ha un buon sapore vinoso con un tono amaricante garbato, misurato, che non occupa tutta la struttura organolettica, ma la amplia evitando anche cadenze farmaceutiche, per cui è possibile accompagnarlo a dei dolci a base di cioccolato o creme intense e grasse. Ieri sera, oltre ad avere una buona ganache di cioccolato, avevamo anche cattive avvisaglie di raffreddore, per cui abbiamo pensato che un primo bicchiere avrebbe accompagnato il dolce, il resto della bottiglietta avrebbe avuto il ruolo di farmaco. D’altra parte l’idea è venuta ad un farmacista e il suo effetto è stato molto benefico.
Gigi Brozzoni