Chi lo sa se i francesi più di un secolo fa ci hanno fregato volendo fregarci o se l’hanno fatto per leggerezza o negligenza: ci hanno venduto del Carmenère facendocelo passare per Cabernet Franc. E non era roba da poco, perché il primo dei due vitigni era considerato minore, problematico e difficile da far maturare bene, mentre il secondo vantava stima ben più alta e prestigiosa.
C’è anche il sospetto che alla fine dell’Ottocento il Cabernet Sauvignon non avesse ancora conquistato la posizione dominante che ha raggiunto invece nel secolo successivo nei grandi Cru bordolesi e che quindi il vitigno principe fosse proprio il Cabernet Franc; per completezza aggiungeremo che, comunque, il vitigno più coltivato nel bordolese, e soprattutto nei cru minori, è ancora oggi il Merlot, in quanto più produttivo e costante.
I ruoli che allora rivestivano Carmenère, Malbech e Petit Verdot erano marginali poiché si trattava di varietà problematiche, con ricorrenti problemi di maturazione e finezza aromatica. Vero è, tuttavia, che in quei tempi, dopo le devastazioni della fillossera, in ambito vivaistico probabilmente si andava a spanne, mancava esperienza e quindi si improvvisava parecchio, anche perché c’era ancora molto scetticismo sull’efficacia degli innesti con la vite americana e, inoltre, dal punto di vista pratico gli innestatori stavano apprendendo in quei tempi le tecniche della loro nuova professione.
Ma sta di fatto che ci hanno venduto una cosa per darcene poi un’altra. C’è voluto più di un secolo, ma ora gliel’abbiamo fatta pagare. Ci è riuscito il Marchese Carlo Guerrieri Gonzaga che, affiancato dal figlio Anselmo, nella sua Tenuta San Leonardo di Avio, all’inizio del Trentino, ha realizzato un Carmenère 2007 che i francesi si sognano anche di giorno: l’ha confezionato in nobili magnum tanto per ribadire che qui non si scherza e che quando si vogliono fare le cose in grande siamo in grado di mantenere le promesse.
Per dovere di cronaca non posso scordare anche le esperienze di altre aziende che hanno saputo realizzare vini a base di questo vitigno con risultati da buoni a eccellenti: Cà del Bosco fu la prima e ad essa si aggiunsero Borgo La Caccia, Cecchetto, De Stefani, Inama, La Montecchia e Vigna Dogarina. Inoltre La Cappuccina pensò bene di abbinare le uve di Carmenère a quelle dell’insolita e rara Oseleta.
Ora, però, in una pausa tra una degustazione e l’altra, con tutti i nostri collaboratori abbiamo pensato che si dovesse rendere omaggio ad una grande bottiglia bevendola tutta, senza mandare sprecata neanche una goccia di questa delizia. Il Camenère 2007 di San Leonardo in bottiglia magnum ci ha regalato grandi emozioni: il suo colore profondo e vivo, i suoi profumi freschi e vegetali di grande eleganza, il suo sapore ed il suo tessuto di grande intensità e fitta, finissima trama ci hanno fatto finire la bottiglia in men che non si dica. Due bocconi ed era già finita.
Dovrò fare il verso a Mauro Gaudio, che ha chiamato una sua Barbera del Monferrato confezionata in bottiglia doppia Gaudium Magnum.
Gigi Brozzoni