La viticoltura italiana è piena di fratelli, da nord a sud, da est a ovest; sono le vecchie aziende agricole fondate dai genitori che una volta mancati le lasciano in eredità ai figli. I quali, a loro volta, possono andare d’amore e d’accordo o, per le più svariate ragioni, separarsi e dare vita a diverse aziende, con caratteristiche a volte simili, a volte con personalità e stili diversi.

Se penso al Piemonte mi vengono subito alla memoria Aldo e Giacomo Conterno, oppure Gianni e Roberto Voerzio, che hanno dato vita ad aziende condotte tutte in modo molto accurato, ma con caratteristiche talvolta opposte. Al contrario, in Friuli Venezia Giulia mi vengono in mente i fratelli Colutta, Giorgio e Gianpaolo, che ritengo affrontino il proprio lavoro in modo del tutto simile. Nel Monferrato ci sono poi i fratelli Santopietro, Carlo e Roberto, che si sono divisi le aree di interesse: Carlo produce vino (ottima la sua Barbera Guera) e Roberto è diventato artigiano di prodotti agricoli, re incontrastato del peperoncino e delle acciughe.

Ma, restando in Piemonte, e parlando di fratelli, non c’è persona che non colleghi i cosiddetti fratelloni, sì, quelli di Canelli: sono i fratelli Coppo, Piero, Gianni, Roberto e Paolo (in ordine di età, mi pare). Sono loro che continuano, uniti e affiatati, il lavoro iniziato dal nonno Piero. La loro azienda è diventata così il baluardo della collaborazione, dell’accordo, dell’affiatamento tra loro quattro e le rispettive famiglie che nel frattempo si sono costruiti.

Una delle regole d’oro che dicono d’aver sempre condiviso e praticato è la separazione dei compiti: ciascuno si occupa di un settore specifico in concerto con gli altri fratelli ma senza accavallamenti, dispetti o ripicche. Così facendo i fratelli Coppo sono diventati una delle più importanti aziende dell’astigiano per la produzione di ottimi metodo classico e di vini dai vitigni più classici come moscato e barbera.

Ieri non ho resistito alla tentazione di agguantare una bottiglia avvolta accuratamente in un sottile foglio di carta nera; era la Barbera d’Asti Superiore Nizza Riserva della Famiglia del 2004. Che profumo straordinario si è fatto subito sentire alla stappatura! E poi, versando il vino nel bicchiere si è sprigionato un insieme di sensazioni visive ed olfattive così invitanti che non sapevo a quale delle due badare di più: da una parte il colore rubino scuro, fitto e profondo non presentava alcun cedimento granata, dall’altra, il profumo si spandeva e ampliava elargendo note di ciliegia, prugna e ribes nero, poi richiami speziati dolci e morbidi con vaniglia, cannella ma anche un pizzico di chiodo di garofano e pepe nero, poi ancora una leggera brezza vegetale selvatica e linfatica a rinvigorire la sensazione finale.

«Che vino!» fu l’esclamazione spontanea. Al gusto era talmente buono che non ve lo racconto per niente, perché non vogliamo togliervi la soddisfazione di scoprire questi sapori come fossero una sorpresa. Sarebbe come raccontarvi il finale di un romanzo giallo o di un film thriller. Abbiamo brindato alla compattezza dei Coppo per questa Riserva di Famiglia, motivo sufficiente a farci sperare d’essere adottati, qualche volta, anche a distanza.

Gigi Brozzoni