“Solo l’atto di resistenza resiste alla morte, sia sotto forma di un’opera d’arte, sia sotto forma di una lotta tra uomini”. Quanto più colto sarebbe stato imbattersi nelle parole di Gilles Deleuze seguendo un pensiero suscitato dal 25 aprile, anniversario della liberazione dal nazifascimo! E invece può accadere d’arrivarci ripensando a un vino, il Toscana Cepparello 2008 prodotto da Isole e Olena a Barberino Val d’Elsa, sorseggiato nel tardo pomeriggio non del 25 ma del 20, spegnendo il televisore al termine dello spettacolo (triste) dell’elezione presidenziale.

Non se ne farà una colpa al benemerito Sig. Riedel, ma per i bevitori di vino il bicchiere non è mai né mezzo pieno, né mezzo vuoto: anche quel giorno, pur mettendoci tutto l’ottimismo, pur concedendosi dosi abbondanti, la parte trasparente del cristallo è rimasta di gran lunga più estesa rispetto a quella color rubino. Sarà forse per questo che – più che un nuovo inizio e una provvidenziale soluzione – il reincarico somigliava all’ennesimo atto di una commedia stanca, al tentativo imbarazzante di riaccendere l’interesse per un libro di cui, ad esser sinceri, salveremmo soltanto il primo capitolo.

Non so cosa ne pensi Paolo De Marchi, ma in quel pomeriggio la piccola parte del bicchiere arrossata dal suo vino è riuscita a regalare una profonda e inaspettata serenità. Frutto maturo e denso, ciliegia e cassis, violetta, nota speziata piccante, sensazione balsamica tra le erbe aromatiche più intense e il tabacco da pipa, ancora aromi di terra e di bosco, fino a note calde e animali. Il sorso ampio e agile insieme, un’acidità succosa, il tannino lungo. Sono l’equilibrio, la piena eleganza, la capacità di proporre un discorso complesso in un modo perfettamente comprensibile a farne un vino incantevole, estatico, capace di ricordare – in tempi poco civili in Italia, terrificanti in Siria e altrove – che gli esseri umani sanno ancora opporsi alla barbarie, sanno ancora creare una bellezza viva e piena di senso.

Per quanto può esserlo un vino, il Cepparello 2008 è senz’altro un atto di resistenza alla morte, proprio del tipo cui si riferiva Deleuze. Resistenza, quindi, anche a quelle istituzioni che celebrano con le loro liturgie mortifere il 25 aprile, sconfessandone i valori per i restanti 364 giorni dell’anno. Vogliamo chiamarlo opera d’arte? Paolo De Marchi scrive in etichetta che il vino è cultura e natura… E forse è proprio quello che manca nella parte trasparente del bicchiere.

Andrea Bonini