Per i latini i vini di Ager Falernus erano i più pregiati, rappresentavano il meglio che un consumatore dell’epoca potesse provare, il principe dei vini, tanto che Marziale racconta che bisognava spendere 3 sesterzi per un buon vino, ma se volevi il magico Falerno dovevi sborsare 10 sesterzi. Da tremila anni il Falerno è, quindi, una vera Denominazione di Origine molto prestigiosa e ancora oggi rappresenta una delle eccellenze della viticoltura campana.
Certo, i tempi sono cambiati e in epoca recente la fillossera ha portato anche qui i suoi sconvolgimenti: sono sopravvissuti vitigni quali l’aglianico e il piedirosso, o per’e palummo, ed è giunto dalla Puglia il primitivo. Tutto ciò, però, non ha tolto quell’aura di latinità ai vini di questa zona, tanto che ci siamo imbattuti in un’etichetta con una scritta in latino.
Così recita: «Vinum ex uvis primitivo expressum, in agro Falerno cultum. Ab ineunte saeculo vicesimo familia Papa paris istum nectar, praeclarum, firmissimum, generosum ac praecipuae bonitatis, moderate bibendum, quia caput tentat.» che tradotto in italiano recita più o meno così: “Vino espressione delle uve primitivo, coltivate nelle campagne del Falerno. Dall’inizio del ventesimo secolo la famiglia Papa produce questo nettare famosissimo, potentissimo, generoso e di singolare bontà, da bersi moderatamente, poiché dà facilmente alla testa”.
Della famiglia Papa, che ha cantina in quel di Falciano del Massico (Caserta), ho assaggiato il Falerno del Massico Primitivo Campantuono 2008. Su queste magiche terre dal cielo arrivano i caldi e lucenti raggi del sole; dal mare giunge la fresca brezza notturna trattenuta dal Massico e dal Roccamonfina; dalla terra provengono acqua e sali minerali che le radici assorbono. Ne risulta un vino ricco e denso, scurissimo, con note di confettura, spezie dolci ed incenso; è talmente generoso che effettivamente si fa sentire, tanto che lo preferirei un po’ più lieve e più bevibile, visto che ci sono già tante cose che ci fanno girare… la testa.
Le belle donne, per esempio.
Gigi Brozzoni