La maturità di un frutto è un concetto molto complesso e molto discusso a qualsiasi livello; su di essa non v’è assolutamente uniformità di vedute; negli ultimi anni, poi, come se non bastasse, si è introdotto anche il confronto tra la cosiddetta maturità industriale o tecnologica e la maturità fenolica, che ha solo contribuito a rendere più accese le discussioni tra i fautori delle diverse scuole di pensiero.

Ma, aldilà delle diverse teorie ufficiali, c’è sempre stato anche un approccio molto terra terra, appena sussurrato alle orecchie come se fosse un po’ scurrile o volgare, che tendeva a risolvere il problema un poco furbescamente, come se si volesse trarre in inganno la pianta, soprattutto in presenza di fenomeni climatici avversi. Consisteva nel praticare una rottura del tralcio per favorire la continuazione della maturazione e dell’accumulo zuccherino, ma con una minima perdita di acidità; in caso di prolungate piogge, dal tralcio rotto transiterebbe un ridotto flusso linfatico che consentirebbe una lenta maturazione, ma non permetterebbe una sostanziosa aspirazione di acqua dalle radici che andrebbe a diluire il contenuto degli acini.

Ora questo stratagemma, di cui gli agronomi hanno sempre parlato, ma sempre in forma riservata, mai ufficiale e scritta, qualcuno ha pensato bene di renderlo ufficiale e gli ha dato pure un nome: si chiama Metodo Novarè ed è stato pensato da un’azienda storicissima della Valpolicella, nientepopodimenoché dalla Bertani. Si, proprio quella fondata dal cavalier G. B. Bertani nel lontano 1857 che è a Grezzana, in provincia di Verona; ma vicino ad Arbizzate c’è Villa Novare, sede storica dell’azienda, dove pare sia nato l’Amarone così come oggi lo conosciamo. Non si tratta, quindi, di appassimento, ma di “seconda maturazione in vigna”.

Ora che abbiamo osservato la bottiglia e abbiamo letto tutto quello che bisognava leggere è giunto il momento di aprirla e di assaggiare questo nuovo vino di casa Bertani: si chiama Novarè 2012, Verona è l’Indicazione Geografica Tipica ed ha una gradazione alcolica di soli 12,5%. E già questa ci pare una buona idea, perché ha tutte le caratteristiche della maturità e della morbidezza, ma ha anche la fragranza del frutto appena colto, la freschezza di un vino spigliato e dinamico, l’aromaticità della viola e delle spezie, la bevibilità di un vino giovane e moderno.

Niente di assolutamente nuovo ed originale, insomma, ma un’altra versione del famoso uovo di Colombo: tutti lo sanno ma nessuno ci ha pensato. Decisamente una bella idea, che noi speriamo venga al più presto raccolta ed interpretata anche da altre aziende e anche – forse soprattutto – da altri territori malati di impraticabile quando non obsoleta storicità.

Gigi Brozzoni