Volenti o nolenti, tutte le volte che si parla di Bolgheri e dei vini di Bolgheri si va a finire sempre sul Carducci, con il suo Davanti a San Guido ed al viale dei cipressi più famoso al mondo. Eppure ci sarebbe un modo per evitare di ripetere le solite cose: basterebbe evitare il viale e percorrere da sud la Bolgherese, che in quanto a fascino non ha nulla da invidiare al viale.
Sulla Bolgherese, proprio quando comincia a fasi bella bella, sulla sinistra troverete un masso di roccia con inserita una bronzea scritta: Caccia al Piano. Un’azienda, ora parte della costellazione della famiglia Ziliani, quelli di Berlucchi tanto per capirci, fondata trent’anni fa da un medico bergamasco che chiamò il suo vino più importante Levia Gravia.
E rieccoci, di nuovo volenti o dolenti (non è un errore) con il Carducci; uscito dalla finestra, ce lo vediamo rientrare dalla porta: «Levia Gravia ‒ spiega il Carducci stesso (Lettere V, 1037) ‒ vuol dire: fantasie di gioventù, e dolori ed esperimenti della vita: cose leggere per sentimento e per istile, mescolate ad altre gravi per le stesse ragioni…: cose leggere ancora, che tuttavia son difficili e gravi a fare: e in fine, che agli italiani del ’68 le parranno leggerezze e sciocchezze pedantesche e fastidiose…».
C’è da dire che se in questo Bolgheri Superiore Levia Gravia 2006 dell’azienda Caccia al Piano di Castagneto Carducci, in provincia di Livorno, si voleva sottolineare la coesistenza di potenza e di eleganza di un vino, effettivamente il motto “levia gravia” appare perfettamente aderente a quest’immagine. Bolgheri è un terroir di grande fascino che riesce a coniugare la potenza e l’eleganza dei vitigni bordolesi, la maturità e la consistenza del clima Mediterraneo con la leggerezza e la finezza dei suoi suoli.
Alla fine, dolenti o contenti, non possiamo che riconoscerlo: Carducci è proprio di casa a Bolgheri.
Gigi Brozzoni