Una piccola regione, con solo 500 ettari vitati complessivi, ma uno scrigno ricco di tradizioni e peculiarità. È questa la Valle d’Aosta andata in scena ieri sera al Seminario Veronelli, protagonista di una degustazione che ha voluto mettere in luce la straordinaria ricchezza viticola ed enologica di una terra che, come spesso accade ai territori di frontiera, ha saputo mantenersi fedele alla propria distintiva identità. Quella valdostana è una viticoltura antica, con ogni probabilità risalente al periodo pre-romano (la vite pare essere stata introdotta dai Salassi, popolazione di origine celtica), anche se furono indubbiamente i Romani a razionalizzare impianti e produzione.
Da una così lunga storia è, quindi, scaturita una ricca collezione di vitigni autoctoni, selezionati nei secoli attraverso incroci di varietà locali o in seguito all’adattamento di uve provenienti dalle aree limitrofe. Ecco, così, che oggi, accanto ai vitigni di più recente introduzione (pinot nero, bianco e grigio, syrah, chardonnay, ecc.), troviamo ben radicata e valorizzata una teoria di uve dai nomi curiosi quali fumin, cornalin, gamay, mayolet, malvoisie (un pinot grigio ben adattatosi alle caratteristiche della Valle), petit rouge, petite arvine, premetta, prié blanc, vien de Nus, vuillermin.
Un patrimonio notevole esaltato dalle condizioni climatiche e ambientali della Valle d’Aosta, che sembrano riuscire a rivelare con schiettezza e precisione le più pure caratteristiche varietali di ciascun vitigno, attraverso una pulizia ed un nitore espressivi che finiscono per rendere unici, peculiari ed autenticamente valdostani anche i vitigni di gusto teoricamente “internazionale”.
Il nostro pubblico è rimasto sorpreso e colpito di fronte ai 16 campioni proposti, rappresentativi di tutte le tipologie prodotte in Valle (spumanti, bianchi fermi, rossi e passiti) e delle tre distinte aree di produzione nelle quali è possibile suddividere il territorio: dagli irti vigneti dell’alta Valle, posti nella zona di Morgex ben oltre i 1000 metri s.l.m. e culla del prié blanc (vitigno ancora a piede franco), alle magnifiche vigne terrazzate che accompagnano con splendide esposizioni la Dora Baltea da Arvier a Saint-Vincent, nel tratto in cui la Valle si distende da ovest verso est, fino ad arrivare ai vigneti più bassi, le pergole spesso sorrette da colonne e capitelli di pietra tra Montjovet e Pont-Saint-Martin, laddove la viticoltura comincia a sentire l’influenza del vicino Piemonte.
Tra tutti, i due vitigni che più hanno colpito sono stati sicuramente il bianco petite arvine ed il rosso fumin che, accanto alla freschezza, fragranza, mineralità e sapidità espresse da ogni vino degustato (caratteri organolettici davvero tipici di questa regione), hanno dimostrato una personalità unica e marcata, originale ed esclusiva, sempre ben riconoscibile nonostante la diversa mano dei produttori o l’influsso delle differenti annate. In definitiva si è trattato di un’occasione per felici incontri, scoperte ed epifanie grazie a vini dal delicato, elegante e raffinato fascino, che purtroppo sono spesso ancora difficili da reperire al di fuori della regione d’origine.
Per questo straordinario appuntamento ci siamo avvalsi della fattiva collaborazione di alcune delle migliori aziende della Valle: Cave du Vin Blanc de Morgex et de La Salle, Frères Grosjean – Maison Vigneronne, Institut Agricole Regional, Società Cooperativa La Crotta di Vegneron, La Source, Azienda Agricola Les Crêtes, Azienda Vitivinicola Pavese Ermes.
A tutti il nostro sentito applauso.
M.M.