Non temete, non cederemo alle tentazioni delle facili poesie d’amore – oggi 14 febbraio è san Valentino – anche se nel titolo abbiamo parafrasato una seriosa canzone d’amore degli anni settanta. In effetti vi sono tanti modi di declinare il vitigno Dolcetto dinnanzi ad un grande numero di luoghi, essendo presente in ben tredici denominazioni piemontesi, senza contare le sue migrazioni verso la Valle d’Aosta e verso la Liguria dove prende il nome di Ormeasco.

Il vitigno Dolcetto conta 6.000 ettari vitati con una produzione media di circa duecentomila ettolitri, è il ventitreesimo in classifica tra i più coltivati d’Italia ed in Piemonte è superato solo da Barbera e Moscato. Semplicissima la sua base organolettica, ma capace di acquisire mille sfumature dai diversi luoghi, dalle diverse annate e dalle mille mani che lo lavorano. È uno dei vini più facilmente abbinabili ai numerosi piatti della ricca cucina regionale e della semplice cucina familiare, ma anche della sofisticata cucina creativa ove si usino alimenti freschi, schietti e sinceri. Questi sono anche i termini che meglio descrivono le caratteristiche del Dolcetto, quello dell’annata, quello che non pretende di contendere il primato a nessuno, ma che sa offrire in alcuni casi una certa ricchezza e complessità.

Nel vasto panorama dei Dolcetto si potrà trovare il vino schietto ed immediato nelle terre di Asti, di Acqui e del Monferrato; si andrà ad Alba se si vorrà trovare più consistenza, più morbidezza e un pizzico di viola, la stessa materia che si potrà trovare sorprendentemente anche nei Colli Tortonesi; se si vorrà aggiungere un tocco di finezza in più si potrà salire a Diano d’Alba; se vorremo, invece, trovare un po’ di rosa, un poco di struttura, tannini e spezie più dolci andremo ad Ovada e se vorremo, infine, trovare intensità maggiori, frutti più maturi e trama tannica vellutata andremo a Dogliani.

Il responso del pubblico è stato netto ed inequivocabile: i maggiori consensi li ha ottenuti il Dolcetto di Dogliani Briccolero 2010 di Quinto Chionetti, un nome che è da molti anni sinonimo e garanzia di qualità. E ne siamo molto contenti, perché Chionetti è forse uno degli ultimi vignaioli che Luigi Veronelli ha amato e stimato. La seconda piazza se la sono guadagnata a pari merito il Dolcetto di Diano d’Alba Montagrillo 2010 di Claudio Alario ed il Dolcetto di Ovada San Lorenzo 2010 di Annalysa Rossi Contini; anch’essi autentici vignaioli veronelliani, ma ben più giovani e prestanti: il primo cresciuto alla scuola familiare iniziata dal nonno, la seconda allieva di quel Pino Ratto che tanto ha dato al Dolcetto e ad Ovada.

Per chiudere disinvoltamente, però, pensiamo che il Dolcetto sia un vino perfettamente adatto anche ad una cenetta di San Valentino, intima e a lume di candela, perché nelle sue molte sfumature saprà essere “Così violento, così fragile, così tenero, così disperato – e ancora – così vero, così bello, così felice, così gaio, così beffardo…” Basta, basta. Il signor Prevert ci scuserà, ma ci pare più che sufficiente.

G.B.