Pensate a quanto sono strani i corsi e ricorsi della storia anche in campo viticolo: dal matrimonio tra un rosato Traminer ed un nero Pinot Meunier nasce il Pinot Nero che mostra subito qualche carenza di colore, ma soprattutto soffre di instabilità cromatica. In qualche caso dà vita a grappoli bicolori con qualche racemo o semplicemente qualche acino bianco, giallo o rosa, tanto che con il tempo da questa instabilità nasceranno alcune diverse varietà abbastanza stabili: Bianco, Grigio, Teinturier e Tête de Nègre. I primi due, chiari, saranno costretti ad emigrare in altre lande e riscuoteranno un certo successo, gli ultimi due, scurissimi, rimarranno in Patria ma un po’ nascosti e per nulla famosi, quasi disconosciuti e ripudiati.
Scacciato a suon di decreti dalla natia Borgogna, il Pinot Bianco iniziò, così, una lenta peregrinazione che lo portò prima in Alsazia e poi nelle valli fluviali della Germania; dal Brennero discese, quindi, la valle dell’Adige per poi disperdersi a macchia di leopardo tra Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia e persino in Toscana, e da qui, ma assai recentemente, in tanti luoghi dell’Italia intera. Questo il viaggio che ha percorso il Pinot Bianco, antico vitigno dalle nobilissime origini.
Vantava una parentela più diretta con il capostipite, ma gli fu preferito il figlio ottenuto dal matrimonio con lo scapestrato e libertino Gouais Blanc, l’ormai celebre e celebrato Chardonnay con il quale è stato confuso fino ad una trentina di anni fa. Ma è stato il Pinot Bianco assieme al fratello Grigio ad essere l’interprete assoluto di quella rivoluzione dei vini bianchi nata in Friuli negli anni Settanta. È in quel periodo che il semplice nome Pinot diventa sinonimo di vino bianco di qualità ed andrà rapidamente alla conquista dei consumatori di tutta Italia.
Non vanta una grande quantità di ettari coltivati, ma dimostra un elevato indice di piacevolezza che nasce dalla sua schietta semplicità ma anche dalla sorprendente capacità di affrontare affinamenti anche in legno e di maturare lungamente in bottiglia.
Per i vini bianchi il 2011 sembrerebbe un’annata positiva, certamente di gran lunga superiore alla media delle ultime annate, nonostante una primavera ed inizio estate molto umide e fresche ma poi riscattate dalla notevole calura che ci ha accompagnati per il resto della stagione, una circostanza che, tuttavia, potrebbe aver causato qualche piccolo problema alla freschezza dell’acidità ed alla migliore espressività aromatica.
Dei dieci campioni che ieri sera abbiamo assaggiato è risultato chiarissimo ed inequivocabile solo il vino preferito, un saporitissimo e finissimo Collio Pinot Bianco 2011 di Fondazione Villa Russiz a Capriva del Friuli (Go), perché alle sue spalle si è formato un serrato gruppetto di vini tutti molto fini ed eleganti provenienti anche da diverse aree, ma separati tra loro di uno o due punti, quindi irrilevabile ai fini di una vera e propria classifica.
Ne citerò tre come i più esemplari del loro territorio di origine: Alto Adige Pinot Bianco Moriz 2011 di Cantina Tramin a Termeno (Bz), Colli Orientali del Friuli Pinot Bianco 2011 di Scubla Roberto a Premariacco (Ud), Eliseo Toscana Bianco 2011 di Gualdo del Re di Suvereto (Li). Solo piccole sfumature che riescono, però, a cambiare il carattere di questo sensibile vitigno: dalla ricchezza dell’Alto Adige, alla sapidità friulana all’insolita espressività toscana.
Ce n’è per tutti i gusti.
G.B.