Arrivato in Italia attorno al 1880 per ricostruire la viticoltura del Triveneto devastata dalla fillossera, il Merlot ha svolto onestamente il ruolo che gli era stato affidato, vale a dire quello di produrre buona uva da vino in cospicua quantità e senza eccessive oscillazioni annuali. Per un secolo questo fu il suo ruolo, senza che nessuno ne mettesse in discussione la validità. Le cose cominciarono a cambiare agli inizi degli anni Ottanta del secolo scorso, quando il mondo scoprì come, a fianco del Cabernet Sauvignon, fosse proprio il Merlot l’artefice di alcuni prestigiosissimi vini bordolesi; da quel momento nel mondo intero, e anche in Italia, si cominciò a guardare questo vitigno con altri occhi, con altri intenti e finalità.

Fu solo all’inizio degli anni Novanta, però, che il Merlot prese quasi il soppravvento sul Cabernet Sauvignon, ormai coltivato stancamente e banalmente ovunque, ritagliandosi uno spazio, un ruolo più snob, più sofisticato; e al contempo divenne anche la panacea di tutti i malanni e i malesseri, presunti o reali, della viticoltura italiana. Nacquero, così, i grandi Merlot d’Italia che, se all’inizio si contavano sulle dita di una mano, ormai si sono fatti numerosi.

Schierati in diverse Regioni e a diverse altitudini, vantano una personalità distinta, carnosa e fragrante insieme, in grado di combinare argutamente potenza ed eleganza, consistenza e finezza, densità e bevibilità. I loro tannini sono finissimi, avvolgenti, setosi e capaci di sedurre anche il consumatore meno preparato, distratto o “in tutt’altre faccende affaccendato” (ah! come vorrei essere io l’inventore di questa frase!); il frutto è polpa densa e succosa, dolce e matura, come solo sa essere un frutto appena raccolto; il fresco guizzo vegetale si è sopito lasciando entrare una calda nota animale, confortevole e rincuorante.

Ma ieri sera tra la decina di vini in degustazione si è svelata l’eccellenza assoluta; un bagliore che mai si è verificato tra i nostri tavoli, tra i nostri degustatori, e tutti sono stati rapiti dall’inarrivabile qualità e personalità del Messorio Rosso Toscana 2008 di Le Macchiole. Siamo a Bolgheri, in un luogo magico della nostra moderna viticoltura, dove aria e acqua, terra e fuoco sanno creare un ambiente straordinario, unico ed irripetibile.

Un vino senza confronti, senza competitori; solo La Ricolma Merlot di Toscana di San Giusto a Rentennano di Gaiole in Chianti e Casa Nocera Merlot di Toscana di Pagani de Marchi di Casale Marittimo sono riusciti a emergere e a farsi notare per la loro squisita eleganza e finezza. Mai si era verificato che tutti i degustatori facessero convergere unanimemente le loro valutazioni su un vino e che ben tre quarti lo ponessero al primo posto. Onore al merito di Cinzia Merli, grandissima donna del vino, che ha saputo sfidare e vincere la cattiva sorte che le portò via il marito Eugenio Campolmi, primario e incontrastato genio della viticoltura bolgherese.

G.B.