Ho provato ad aggirarmi per tutto il Palazzo della Gran Guardia di Verona: dal piano terra ho risalito le lunghe e maestose scale che portano al piano nobile, immenso ed imponente; ho usato la lente di ingrandimento; ho teso imboscate; mi sono travestito da sorvegliante; non ho potuto usare barba e baffi finti solo perché li ho veri; ma di Valpolicella neanche l’ombra. Sparita nel nulla.

In tutta la comunicazione di questa Anteprima Amarone 2008 la parola Valpolicella è bandita, non se ne fa accenno alcuno. Solo all’ultima pagina del carnet di degustazione si capisce che la paternità della manifestazione è quella del Consorzio Vini Valpolicella. La parola “Amarone” è ormai diventata il simbolo di un vino, di un territorio, di un metodo di produzione, di profumi e gusti distinti.

Eppure tutta la manifestazione di quest’anno verteva sul concetto di diversificazione delle aree geografiche e tutta la sala di esposizione è stata divisa per le 6 aree così individuate: la valle di Fumane e il territorio di Sant’Ambrogio, la valle di Marano e il territorio di San Pietro in Cariano, la valle di Negrar, la Valpantena, le valli Orientali e le aree non Classiche definite Altre Emozioni.

Su questo concetto di classificazione è in corso uno studio condotto dal Consorzio sotto la guida di Daniele Accordini, il quale ha iniziato a delineare le differenze climatiche e produttive tra le diverse aree per poi trarne una classificazione della personalità dei diversi vini. È ancora presto per vedere e valutare i risultati, ma siamo solo all’inizio ed attendiamo curiosi di vedere dove approderà la ricerca.

Intanto abbiamo assaggiato solo 35 Amarone della Valpolicella 2008, perché gli altri 30 erano campioni da botte e per questo motivo abbiamo preferito schivarli per evitare di commettere errori di valutazione. Su questo tema e più in generale sull’utilità di queste anteprime parleremo specificatamente in una prossima news, perché le questioni sono numerose e complicate, quindi per ora non vogliamo semplificare troppo le cose; ma ci arriveremo presto.

Ci è, però, parso di capire come il 2008 per l’Amarone non si sia rivelato un grande millesimo: l’andamento climatico durante la fase vegetativa delle viti è stato molto umido e fresco fino ad agosto e solo settembre ha raddrizzato un poco le cose. Meglio è andata la fase di appassimento, anche se c’è da dire che ormai, attraverso i diffusi sistemi di controllo delle condizioni ambientali dei fruttai, si riesce tutti gli anni ad avere un buono e sano risultato.

Continua invece a latitare la buona viticoltura e in annate come questa le conseguenze, ahimè, si vedono. Vini scarni e molto alcolici, caldi senza essere morbidi, con note dolci di confettura, ma anche amari, acerbi e verdi. Poche le eccezioni, perché sappiamo che comunque le aziende che fanno anche buona viticoltura riescono sempre ad ottenere buoni risultati. Il problema è che a queste anteprime loro non partecipano ed il quadro che ne esce è fortemente parziale e penalizzante. Credo ci sia molto da pensare e ripensare su questi temi.

Intanto mi consola il ricordo dell’Acinatico di Stefano Accordini, il Tenuta Badin di Bixio, il Vigneti di Ravazzol di Cà La Bionda, il Villa Borghetti di Pasqua, l’Aurum di Tinazzi ed anche il vino di Roccolo Grassi. Forse sono un po’ pochi. Che dite?

G.B.