Vecchi Franciacorta e una giovane chef.
C’è subito da dire che la Franciacorta è davvero effervescente e pare essere l’unica area che di questi tempi mostra un poco di vivacità e creatività.
Di sicuro l’attuale andamento del mercato premia la sua tipologia di vini, anche se in questa materia la confusione è grande, tanto che c’è da chiedersi se tale successo sia a rimorchio o a traino del “prosecchismo” imperante. Sarà anche che, soprattutto quando, come ora, la stagione si avvia rapidamente verso il periodo festivo, occorre attrezzarsi per far circolare di più il nome del marchio aziendale che quello collettivo se si vuole avere maggior visibilità presso il pubblico più attento, senza rischiare di finire tritati da quella paccottiglia informe di vini che rientrano tutti nella categoria delle stupide “bollicine”.
E così Paolo Radici, industriale bergamasco che nel 1996 diede vita a Ronco Calino, ha messo in una confezione speciale una “verticale” di sei Franciacorta dal 1997, prima vera annata di produzione, fino al 2003 (ma scavalcando il 2002), tutti sboccati nel luglio scorso. Sei Franciacorta Brut che sono rimasti sui lieviti dai 90 mesi del più recente fino ai 162 mesi del più vecchio. Sei millesimi molto diversi e lontani, interpretati con molta sensibilità da Leonardo Valenti maestro di vigna e cantina, tutti ancora in smagliante forma e capaci di raccontarci, con sfumature piuttosto evidenti, le rilevanti variazioni climatiche di ciascuna annata.
1997 e 1999 i millesimi più interessanti e forse anche i più distanti organoletticamente: annata molto equilibrata il 1997, con buona piovosità primaverile e buona progressione delle temperature estive per un vino dagli eleganti accenti evolutivi, ma di sostanziale fragranza agrumata; piuttosto umida e fredda la stagione 1999, che ha portato ad una vendemmia molto ritardata per un vino che ha mantenuto evidente un carattere fresco e vegetale con un frutto appena speziato e sapido.
Avevo cominciato borbottando per la scelta del luogo un po’ fuori mano e a me sconosciuto, ma poi l’ottima cucina di Viviana Varese del ristorante Alice a Milano mi ha pienamente sorpreso e soddisfatto, tanto che fischiettando son tornato a casa. La sera, poi, mi sono ricordato che Ronco Calino fu abitato per diversi anni da Arturo Benedetti Michelangeli e le leggende raccontano che ancora vi si odano gli echi del suo pianoforte; io ho preferito riascoltare le registrazioni allora inedite del giovane pianista, pubblicate di recente proprio dall’azienda Ronco Calino.
G.B.