Sono andato a Fontanafredda perché volevo conoscere il Bosco dei Pensieri; volevo percorrere questo itinerario per ammirare i pochi alberi secolari rimasti nella bassa Langa e scoprire cosa nascondono le dodici postazioni di sosta (dodici come le stazioni della via crucis) per favorire il riposo e la meditazione aiutati da aforismi e immagini evocative. Ma, ahimè, una pioggia torrenziale e di generoso impeto me lo ha impedito.

Allora, protetto da una pensilina, ho iniziato ad ammirare la casa della Bella Rosina da un’angolazione che la lasciava parzialmente avvolta dai rami di un maestoso cedro del Libano; il cielo che si intravvedeva era grigio e viola, carico di pioggia che non lasciava speranza di tregua. Ma, a un tratto, alla porta di ingresso si è acceso un lampioncino che ha gettato i suoi caldi raggi luminosi sui battenti aperti e sui muri attigui e il cielo ha avuto un momento di glauca lucentezza che mi ha sospinto verso il ricordo nettissimo di quel capolavoro che è L’impero della Luce di  René Magritte.

Da questo paradosso luminoso ho messo a fuoco, poi, come il lampioncino illuminasse l’insegna di Cesare Giaccone, il quale, sceso da Albaretto Torre lo scorso anno, ha aperto il suo nuovo ristorante proprio qui, a Fontanafredda, tra le mura abitate un tempo dalla morganatica moglie di Vittorio Emanuele II. Sono entrato, accompagnato in una grande sala al piano terra, mentre nella cucina tutta a vista si affaccendava un cuoco dal severo e burbero aspetto, ma intenerito da due incanutiti baffoni: era Cesare Giaccone, col suo sicuro portamento che lo fa sembrare una sorta di divinità dei boschi della mitologia greca. Ci ha accolto con un sorriso sornione e dopo qualche convenevole ci siamo affidati alla sue mani.

Non starò ad annoiarvi sul menu, o su cosa abbiamo mangiato e bevuto, ma mi concentrerò solo su un piatto; su un piatto che solo quella sera, in quel luogo, dopo quei pensieri e quei ricordi mi poteva essere servito. È descritto sul menu come Insalatina di coniglio con vellutata di albicocche, ma è troppo semplice e non gli rende giustizia. Ve lo racconterò io per come l’ho visto, osservato, annusato, gustato e ancora a lungo esaminato.

Immaginate un prato di erbette colorate, gialle verdi e rosse, dritte e ricurve, ricce e piane, tra le quali si nascondono rosei bocconcini di coniglio e poi una mezza castagna lessata con il suo guscio marrone e alcune fette candide di ovulo crudo; il tutto è adagiato su una lucida e gialla vellutata a base di albicocche e arance dalla freschezza vicina e lontana. Ogni boccone che abbiamo formato aveva un suo diverso sapore, così originale e stimolante da evocare continui ricordi, pensieri, memorie e suggestioni, infantili e adulte, recenti e remote. Sembrava un racconto o una fiaba, ma in realtà altro non era se non la materializzazione culinaria della passeggiata nel Bosco dei Pensieri.

Sono stato nel mondo fantastico di Cesare Giaccone ed ora ad ogni stagione ci dovrò tornare.

G.B.