Tra Nero d’Avola e internazionali

Lunedì sera, nel corso del nostro tradizionale Incontro di degustazione, siamo andati in Sicilia con la scusa di mettere a confronto il Nero d’Avola ed i vitigni internazionali, ma in effetti si è trattato di un modo dinamico e reattivo per capire ciò che sta succedendo alla viticoltura siciliana in questi ultimi anni.

Non potevamo, dunque, esordire se non parlando della nuova Doc Sicilia, di quella grande “occasione mancata” rappresentata dalla versione da poco entrata in vigore. Pur essendo contrari, in linea di principio, alle Doc regionali, pensavamo che questa potesse essere l’occasione per formulare un vino tipicamente siciliano, incomparabile con altri vini Doc italiani e internazionali.

In sostanza avremmo accolto a braccia aperte un Sicilia Rosso prodotto principalmente con Nero d’Avola e con un eventuale piccolo contributo di Perricone, o, in alternativa, di Frappato per quella parte orientale dell’isola più abituata a lavorare con quel vitigno. E invece si è preferito trasformare, pari pari, con tutte le sue più fantasiose variazioni, la vecchia Igt in Doc. Così, se prima il consumatore non riusciva a districarsi in questa confusione di vitigni, continuerà ad essere confuso anche domani, perché nulla è cambiato.

Tornando al tema della nostra serata, che verteva su un confronto diretto tra due mondi vitivinicoli non necessariamente contrapposti o alternativi, ma certamente diversi, abbiamo potuto osservare alcuni passaggi significativi. Il primo riguarda il Nero d’Avola che ormai, dopo selezioni clonali, riduzione di rese per ceppo, scelte di suoli e posizione geografica dei vigneti, pare abbia sanato quel carattere un poco selvatico e brusco che aveva in passato, soprattutto nella parte orientale della Sicilia.

Il secondo riguarda i vitigni bordolesi, oggi fortemente messi in discussione dai viticoltori stessi; sappiamo che il Cabernet Sauvignon in quest’isola non ha mai dato risultati eccellenti e a tal proposito ricordiamo, appunto, come le eccezioni siano state e siano tuttora sempre e solo eccezioni. Più diffuso e con risultati qualitativi più estesi è, invece, il Merlot, che dopo aver tracciato con successo una sorta di stile siciliano, sembra ora soffrire non poco le mutazioni climatiche avvertite nell’ultimo decennio e pare ormai sul viale del tramonto. Decisamente in crescita, per contro, le quotazioni del Syrah, che proprio in virtù delle medesime mutazioni climatiche sta offrendo in questi ultimi anni un panorama molto dinamico e con risultati qualitativi nettamente prestigiosi.

Abbiamo assaggiato una dozzina di vini tra i quali capeggiava il Nero d’Avola – dapprima solitario, poi in un blend con il Merlot – e, in coda, alcuni Syrah. Sostanzialmente, visto che il punteggio raccolto dal primo dei Nero d’Avola e dal primo degli internazionali si equivalgono, potremmo azzardare a pensare che quella nettissima divisione che si fa tra vitigni autoctoni e alloctoni sia più di tipo ideologico che non organolettico. Sembra quasi che, vivendo in un periodo di crisi delle ideologie, o meglio ancora, di fine delle ideologie in ambito sociale e politico, qualche deluso, perdente, frustrato e, diciamolo pure, sfigato, si consoli cercando di ideologizzare il vino, pensando così di recuperare quella vivacità e credibilità irrimediabilmente persa. Ma non esageriamo e torniamo a parlare di vino, che è meglio.

Ancora una volta possiamo asserire che il Nero d’Avola, se ben coltivato e ben vinificato, non ha bisogno di tanti aiuti e sa mostrare una bella e originale personalità ai due capi dell’isola; di poco ha prevalso il trapanese Contessa Entellina Mille e Una Notte 2007 di Donnafugata sull’agrigentino Don Antonio 2008 di Morgante. Un po’ più staccato un altro agrigentino, molto fragrante ed integro, il Noto Santa Cecilia 2008 di Planeta. Sul versante degli internazionali, il maggior consenso l’ha riscosso il Sole dei Padri 2007, il Syrah palermitano dei Principi di Spadafora, seguito a breve distanza dal Carlo Alfano Nero d’Avola – Merlot 2008 dell’agrigentina Vignali Roccamora.

Nessuna pretesa di aver esaurito gli argomenti e di aver decretato il successo o l’insuccesso di niente e di nessuno, ma crediamo che questi confronti diretti in mano ad un pubblico di veri appassionati non ideologizzati possa dare dei segnali significativi che le aziende potrebbero raccogliere e valutare con molta attenzione. Per crescere e migliorare tutti.

G.B.