Un popolare film di fantascienza racconta di alcune persone che, provenienti dai più diversi luoghi, a seguito d’incontri ravvicinati con alcuni UFO, vengono irresistibilmente attratte da un monte dalla sagoma insolita, apparso loro in una sorta di visione ossessiva. Un po’ come quei personaggi di fantasia, anche Paolo Caciorgna – enologo, toscano di nascita e di formazione, consulente di alcune importanti realtà produttive in Italia e in Francia – sembra avere una “piacevole ossessione” per un monte dal profilo inconfondibile: l’Etna.

Gli alieni, a quanto pare, non hanno in questo caso alcuna responsabilità, ne ha piuttosto la sua amicizia con Marco de Grazia, noto sia per essere uno degli operatori più accreditati nel commercio internazionale di vini italiani, sia come proprietario della Tenuta delle Terre Nere, in contrada Calderara nel comune etneo di Randazzo. L’entusiasmo di De Grazia e la sua scelta di scommettere su un territorio, l’Etna, e sul suo storico vitigno, il nerello mascalese, convincono Paolo dapprima, nel 2006, a vinificare per sé le uve di un piccolo vigneto in località Passo Cannone, quindi, l’anno successivo, ad acquistarne il vigneto.

L’attrazione irresistibile per il vulcano – ma anche, certamente, i buoni risultati ottenuti in cantina – ha fatto sì che nel tempo a quella prima vigna si aggiungessero quelle in località Bocca d’Orzo, Santo Spirito e Solicchiata, per un totale di 2,5 ettari impiantati pressoché totalmente a nerello mascalese. Piccoli appezzamenti in posizioni e a quote diverse, acquisiti dopo specifiche microvinificazioni e analisi, dopo aver decifrato il groviglio di “colate” che segna il cono vulcanico e, infine, averne valutate le reali potenzialità enologiche.

Il frutto migliore di quest’avventura siciliana è l’Etna Rosso N’Anticchia – “un poco”, nel dialetto locale – vinificato nella cantina di De Grazia e assaggiato recentemente nell’annata 2008. È senz’altro un degno rappresentante di questo terroir ormai celebre: perfettamente “leggibile” (come tutti i rossi di Caciorgna), propone al naso i caratteristici aromi floreali, la ciliegia, una spezia dolce che ricorda il chiodo di garofano, una sottile vena vegetale, completati dall’affascinante nota di pietra focaia, sigillo inconfondibile del suolo vulcanico. In bocca conferma intensità e concentrazione, con tannini levigati e grande bevibilità. Ogni sensazione è presentata con la concentrazione e la potenza che soltanto viti raggianti di una gloriosa “terza età” possono dare.

Che cosa abbia scatenato questa “ossessione benigna” di Paolo per l’Etna, quale magia riesca improvvisamente e indissolubilmente a legarci, dal primo minuto, a una terra sconosciuta resta un mistero. Forse gli esseri umani si comportano, a volte, come i semi: quando il caso li accompagna su un terreno adatto, per quanto lontano dalla pianta madre, germogliano, attecchiscono, crescono e – il N’Anticchia 2008 ne è prova – sanno dare ottimi frutti.

Andrea Bonini