Di tutti i luoghi in cui avrei potuto incontrare l’Avvocato Lodovico Isolabella e sua moglie Maria Teresa, il mio ufficio di responsabile produzione a Cremisan, azienda vitivinicola nei Territori Palestinesi Occupati, è forse il più improbabile. Eppure ci presentammo proprio in quella stanza modesta, uniti dalla comune amicizia con Don Jacques Amateis, per tutti Abuna Jacques, salesiano vero, missionario da Fossano profondamente innamorato – come non esserlo? – della lingua e della cultura araba.

Mai dire a un cantiniere che qualcosa nei vini della sua azienda non vi convince, nemmeno se, come in quel caso, aveste assaggiato al ristorante prodotti decrepiti, vinificati ben prima del suo arrivo in cantina: anche se aveste l’eloquio cordiale, intelligente e ironico dell’Avvocato Isolabella, ogni commento sarebbe accolto da gemiti, lamenti e proteste come se gli aveste inferto una pugnalata.

Fortunatamente arrivarono poi anche le lodi – pure ironiche e intelligenti – per i nuovi nati: vini frutto del lavoro mio e dei miei operai, delle ricerche sul patrimonio ampelografico palestinese promosse dall’Istituto Agrario di San Michele all’Adige e della consulenza di Riccardo Cotarella, partners che hanno messo le loro straordinarie competenze a disposizione di quel meraviglioso progetto.

La prima vinificazione in purezza di un vitigno a bacca bianca chiamato dabouki colpì particolarmente l’Avvocato, e dovetti faticare non poco a spiegargli che, anche volendo, non avevo barbatelle da regalargli per impiantarle nei suoi terreni di Loazzolo. Ho ritrovato Lodovico e Maria Teresa Isolabella la sera scorsa, assaggiando il loro Loazzolo Solìo 2005, Borgo Isolabella, Loazzolo (Asti).

D’un bel giallo paglierino ravvivato da riflessi dorati, unisce le note varietali del moscato bianco come la rosa, la camomilla e la mela, gli aromi acquisiti con l’appassimento come l’albicocca, la frutta candita e le note evolutive di frutta secca e vaniglia. In bocca la componente primaria si esprime con maggiore intensità, il residuo zuccherino è moderato, una bella acidità previene ogni stucchevolezza e libera una persistenza floreale.

Avessi il terreno giusto, chiederei io, ora, a Lodovico qualche barbatella di moscato bianco… avrei già il nome giusto per il vino: “masa al ward” formula araba di saluto che significa “sera di rose”.

Andrea Bonini