Luigi Veronelli

il padre della critica gastronomica italiana

 

“Il vino non è certo più necessario alla vita che la musica e la poesia. Ma che sarebbe la vita senza la musica, senza la poesia, senza il vino? Il vino, così come ogni altro “oggetto” d’arte, è espressione del tempo vissuto. (…) L’uomo civile, in quanto colto, esige, oggi e nel futuro, anche per il vino, il pregio (da pretium, che è pure – ahinoi, fortunati noi – prezzo) ossia l’esasperazione delle sue qualità positive, da considerare, stimare, onorare, celebrare, encomiare, lodare, apprezzare, valutare, godere. Per lui vivere, anche bere, anche mangiare (le considerazioni fatte per il vino potrebbero essere ripetute, con minimi mutamenti, per i cibi), è pensare-pesare le qualità e separare – sarei tentato di scrivere: secernere – il bello dal brutto, il buono dal cattivo, il vero dal falso. Il che sottolinea ancora una volta la necessità di disporre ed usufruire dei propri sensi, attenti, educati ed esercitati, capaci di emettere – attraverso la diretta conoscenza e la comparazione coi dati della esperienza – giudizi motivati, di fare scelte, di trarne il piacere e la gioia.”

Luigi Veronelli

Le affinità elettive, in “Il Consenso”, numero 1, anno 2, pagina 3.

Filosofo di formazione, gastronomo e intellettuale per vocazione, editore, scrittore, critico e giornalista per professione, Luigi Veronelli è stato un’eminente personalità che ha accompagnato e sostenuto le produzioni agroalimentari e la cucina italiana di qualità dal secondo dopoguerra sino agli anni Duemila. Interlocutore competente e ispiratore di moltissimi produttori, artigiani e ristoratori, maestro dei maggiori critici gastronomici, Veronelli ha educato generazioni di Italiani alla cultura della terra e della tavola.

Il vino trasferisce la sua anima a chi lo onora bevendolo.