Nel catalogo delle cose inutili, quelle per cui non siamo più disposti a perdere tempo, sono finiti anche alcuni comportamenti ormai fuori moda, talvolta divenuti persino imbarazzanti o sconvenienti, come la consuetudine di cantare al termine di un banchetto, di una cena tra amici. Forse è esagerato trarre da questo cambiamento di costume considerazioni sulla qualità delle relazioni sociali, tuttavia non cantare più significa rinunciare a una delle poche forme attraverso cui possiamo condividere emozioni, rinsaldare i rapporti seguendo lo stesso ritmo, la stessa melodia, concentrandosi sulle stesse parole, gli stessi pensieri.

Che sia il timore di sbagliare? La possibilità che gli altri, per quanto comprensivi, possano trovare poco gradevole la nostra voce oppure possano cogliere la commozione che la musica provoca in noi? Dopo tutto non sarebbe poi così strano: difficile immaginare che gli stessi individui quotidianamente chiamati a competere, a reprimere le emozioni, a mantenersi insensibili per concentrarsi su questo o quell’obiettivo economico provino piacere nel mettere la propria voce tra le altre, nel creare qualcosa di armonico e in qualche modo egualitario. O forse la vera ragione è che le esperienze, gli ideali e gli affetti sono ormai tanto diversi che quel che resta di veramente comune è troppo poco per trovare un’espressione nel canto.

Eppure condividere un pasto, una conversazione, un vino è un momento di intimità, eppure il legame tra vino e musica è sempre stato profondo e potente… Oggi sembra più facile trovare tracce di emozioni allo stesso tempo intime e collettive non in quello che insieme si canta, ma in alcune voci eccezionali, singole, che si ascoltano, voci dietro cui si percepisce la commozione di milioni di coristi muti che in quel suono riconoscono loro stessi e, reciprocamente, si riconoscono.

Assaggiare il Boca 2009 dell’azienda Le Piane di Boca (Novara) è un po’ come riascoltare una vecchia incisione di una voce speciale che ha saputo cantare la vita, le speranze e le disgrazie di un’intera comunità, non importa se minima o numerosissima. Un vecchio LP che quasi avevamo dimenticato d’avere: quando all’inizio degli anni ’90 Christoph Künzli e Alexander Trolf – svizzeri, importatore di vini il primo, enologo il secondo – acquistarono il vigneto e la cantina dall’anziano vignaiolo Antonio Cerri, del passato glorioso dei vini di Boca e delle centinaia di ettari lì dedicati alla viticoltura non rimanevano che pochissimi produttori e qualche sparuto vigneto.

Questo Boca 2009 è frutto del lavoro di anni, della convinzione che non potessero non nascere grandi vini da suoli tanto caratteristici (ciottolosi, costituiti in prevalenza da porfidi quarziferi ), da un grande vitigno qual è il nebbiolo (cui, per disciplinare, vengono aggiunte vespolina e/o uva rara in una percentuale complessiva compresa tra il 10 e il 30%), dalla particolare giacitura dei terreni ma anche dalla storia e dalla bellezza di quest’angolo di Alto Piemonte. Di colore rubino profondo, il Boca 2009 de Le Piane si offre al naso con note intense di mora e ciliegia, una componente floreale che ricorda la rosa canina, un ricordo di erbe aromatiche e una spezia viva. In bocca conferma l’intensità e la croccantezza del frutto, con un tannino deciso ma di grande eleganza.

Carlos Gardel, Maria Carta, Oum Kalthoun, Edith Piaf, Giovanna Daffini sono alcune voci, alcuni nomi per cui si può usare l’aggettivo “popolare” senza associarlo a “commerciale”, per cui “comprensibile” e “superficiale” non diventano, per qualche strana ragione, sinonimi… e c’è qualcosa di queste storiche voci nel vino di Künzli. Ma è poi vero che nessuno canta più per suggellare una cena? Quali sono le voci nuove capaci di raccontare le emozioni e le vicende collettive d’oggi? Quel che è certo è che esistono vini capaci di farlo perfettamente: come fosse il seguito di una vecchia canzone, il Boca 2009 de Le Piane è tra questi.

Dopo tutto, il vino non è “il canto della terra verso il cielo”?

Andrea Bonini