Superare la prova del tempo, cioè esprimere un buon livello qualitativo a seguito di una prolungata permanenza in bottiglia, è quasi sempre un requisito essenziale perché un vino possa definitivamente dirsi “di qualità”, perché possano essere considerati “grandi” il suo terroir, la sua denominazione. La Franciacorta – intesa, appunto, come denominazione – da almeno due decenni ha dimostrato di saper proporre un (ristretto) numero di vini inattaccabili, in grado di superare brillantemente qualunque confronto o degustazione, compresi quelli sulla longevità.

Non capita spesso, tuttavia, di assaggiare Franciacorta con qualche anno sulle spalle, sboccati da tempo e carichi delle suggestioni intriganti degli spumanti datati: quando si ha l’occasione di assaggiarne, quel (ristretto) numero di Franciacorta ottimi freschi di dégorgement continua ad esserlo anche a distanza di anni (a patto, naturalmente, che la conservazione sia avvenuta in condizioni perfette).

Volendo mettere alla prova quella particolare tipologia di Franciacorta che è il Franciacorta Satèn, le possibilità di assaggiare vini sboccati da tempo si fanno ancora più rare, per questo la degustazione “Villa In Verticale”, organizzata dall’azienda agricola Villa di Monticelli Brusati (Brescia) lunedì 13 maggio è stata un evento particolarmente interessante. Come ogni anno – siamo alla diciannovesima edizione – l’azienda di Alessandro Bianchi propone la verticale d’un suo vino, quest’anno il Franciacorta Satén Brut Millesimato proposto in dieci annate, dal 2009 al 1996.

Villa appartiene alla “vecchia guardia” franciacortina, è stata una delle prime realtà a credere nella produzione di spumanti metodo classico e a dedicarvisi compiendo scelte coraggiose, come quella – impegnativa dal punto di vista enologico e commerciale – di produrre esclusivamente Franciacorta Millesimati.

Un Franciacorta Satèn Brut Millesimato, quindi, è un vino spumante metodo classico realizzato esclusivamente da uve chardonnay o pinot bianco (solo chardonnay nel caso di Villa), composto per l’85% minimo da vino dell’annata riportata in etichetta, spumantizzato in modo da raggiungere una sovrappressione in bottiglia inferiore (massimo 5 atmosfere) rispetto a quella del Franciacorta e con un affinamento sui lieviti di almeno 30 mesi.

Occorre dire che le bottiglie degustate non sono state degorgiate per l’occasione, la qual cosa avrebbe sì conferito doti eccezionali ai campioni in assaggio ma non avrebbe detto molto sul reale stato di conservazione dei vini effettivamente commercializzati: ecco perché – in modo senz’altro encomiabile – ogni bottiglia servita è stata sboccata dopo i classici 31-32 mesi dal tiraggio.

Decisamente ampia la variabilità tra un’annata e l’altra, con lo stato evolutivo dei vini che muta in modo non sempre correlato alla successione cronologica delle vendemmie. L’anteprima 2009 – uscirà nella prossima estate – il 2008 e il 2007, ciascuno in modo diverso, presentano il riconoscibile quadro aromatico della tipologia, contraddistinto da frutta matura, talvolta esotica, vaniglia, miele chiaro e, al gusto, dalla consueta e morbida cremosità, mai stucchevole.

A partire dal 2006 la tinta si fa più calda, emergono gli apporti evolutivi con i fiori appassiti, la frutta secca, le note di pasticceria, l’aroma tostato e il caramello. Con il 2004 questa “natura morta autunnale” trova la sua migliore espressione, ravvivata da un sottile ricordo balsamico di resina. Il 2003, annata torrida, è risultato integro e vivo, con un frutto maturo non essiccato e un’interessante tocco di erbe aromatiche.

Ultimi assaggi da ricordare il 2001, giocato su aromi di mandorla, un sospetto marino, iodato, e, a concludere, servito alla cieca, un insospettabile Franciacorta Satèn Selezione, sempre del 2001. Paglierino alla vista e freschissimo al naso, fratello maggiore del precedente, avvantaggiato da una base affinata in barrique e, soprattutto, da una permanenza sui lieviti di quasi 4 anni.

Una degustazione coraggiosa quella proposta da Villa, un appuntamento che ha consentito di mettere seriamente alla prova le potenzialità del loro Franciacorta Satèn. Molti vini sorprendenti, con qualche raro passo falso (a mio parere inferiori alla media si sono rivelati il 2005, il 2002 – annus horribilis – e il 1996). Se mai qualcuno ne avesse avvertito il bisogno, l’ennesima conferma: l’azienda di Alessandro Bianchi è tra le più serie realtà della denominazione.

Andrea Bonini