di Marco Magnoli – dalla Guida Veronelli 2021

Quasi infiniti sono gli incanti del territorio ligure, che regala paesaggi e scorci suggestivi, spesso resi ancor più preziosi dalla loro fragilità. Mare e monti, spontaneità e riservatezza, luminosità e penombre sembrano aver forgiato un genius loci che vive di contrasti e chiaroscuri così strettamente intricati ed integrati da farsi essenziale e dolcissima poesia.

Tale è anche la Liguria enoica, che nei secoli ha visto prendere forma e forgiarsi terroir e aree viticole distintive ed evocative, legate a vini e vitigni peculiari: Dolceacqua con il Rossese; Quiliano con la Granaccia; la Valle Arroscia con l’Ormeasco; le Cinque Terre con bosco, albarola e vermentino, che si sublimano l’un l’altro nella magia dello Sciacchetrà; il Ponente con il Pigato; il Levante e i Colli di Luni con il Vermentino; per non dire, infine, dei vitigni minori e quasi scomparsi disseminati qua e là, sovente ridotti a semplici reliquie.

Sono queste le certezze di cui la viticoltura ligure dovrebbe fare maggior tesoro, patrimonio di individualità e distinzione.

Non ha, infatti, molto senso impazzire e spaccarsi la schiena per lavorare vigneti piccolissimi, impervi e faticosi, se poi non si ha l’ambizione di trarne vini dalla personalità spiccata ed esclusiva, strettamente legata a quei singolari ambienti.

In qualche caso, invece, non è ancora del tutto sopita la tentazione di produrre solo vini molto semplici, un poco ripetitivi e standardizzati nei loro caratteri, cedendo alle lusinghe del mercato turistico che richiede vini di facile smercio, realizzati senza troppo impegno e convinzione.

Accanto a queste impostazioni più commerciali (che ci guardiamo bene dal demonizzare, perché chi fa vino lo fa anche per campare), ormai numerose sono le aziende che hanno preso a cuore le reali potenzialità del territorio, impegnandosi nella valorizzazione delle sue singolarità anche a prezzo di enormi sacrifici, professionali ed economici.

V’è da dire, per inciso, che i vini bianchi di Liguria, Pigato e Vermentino in particolare, essendo liguri a tutti gli effetti, di solito non spiccano per spontaneità ed immediatezza varietale.

Così, a meno di non voler scegliere la strada più facile e scontata enfatizzando gli aromi fermentativi, soluzione peraltro spesso gradita dai consumatori meno navigati, molti produttori sembrano aver compreso come occorra concentrarsi sulla ricchezza e profondità del dettaglio, facendone la chiave di volta su cui costruire unicità ed originalità.

Qualcuno, in realtà, si è anche mosso su terreni impervi come i suoi vigneti e non è sempre facile seguirlo per comprendere dove sia effettivamente diretto.

Anche in questi casi, tuttavia, è innegabile come ciò che ne anima i progetti siano l’amore per il territorio e la ricerca di una sintonia intima e pura con i suoi particolari modi e modalità espressive.

A rendere le cose più difficili, però, ancora una volta intervengono le richieste – per non dire le pretese – dei mercati e dei consumatori di riferimento, che esigono vini giovani dell’annata più recente, quando solo con affinamenti più lunghi è possibile sviluppare espressività più complesse ed articolate.

Per nostra fortuna vi sono vignaioli che hanno deciso di mettere in secondo piano le più venali considerazioni commerciali, realizzando selezioni con evidenti e superiori risultati qualitativi.

A proposito dei bianchi d’annata, tuttavia, ci pare che il millesimo 2019 abbia dato vini piuttosto freschi e asciutti, nei quali talvolta si è riuscito a leggere un poco più a fondo per scorgere qualcuno di quei dettagli di cui si diceva.

In generale, insomma, continuano a notarsi fermenti vari e diffusi, con ancora tanti progetti in fieri ed in fase di definizione, dai quali risultano vini che sicuramente destano curiosità e attenzione, ma non sempre perfettamente a fuoco e per ora lontani dall’eccellenza.

Spesso i vini più affascinanti della regione sono i passiti, nei quali anche le modalità di appassimento e, dunque, l’influenza del clima e del tempo contribuiscono a creare sensazioni originali e non ripetibili.

Qualche parola dobbiamo, infine, spendere per i rossi, perché accanto a qualche etichetta davvero interessante, continuano ad esserci diversi vini non particolarmente nitidi e centrati, oppure, quand’anche ben fatti, piuttosto semplici e banali.

Come abbiamo già scritto, quel che manca ai terroir liguri non sono certo le occasioni e le condizioni per realizzare vini intriganti e distintivi; sta, poi, tutto ai produttori esaltarne l’espressività in modo puntuale e con precisa definizione.

Crediti fotografici:
Arrigoni – Aifb.it – Foodyexperience.com – Lamialiguria.it – Wikipedia – Wineconfidential – Winelovers.it


MARCO MAGNOLI

Deve alla tradizione familiare la passione per i vini di qualità e a Luigi Veronelli, incontrato nel 2001, l’incoraggiamento a occuparsi di critica enologica. Dal 2003 è collaboratore del Seminario Permanente Luigi Veronelli. È tra i curatori della Guida Oro I Vini di Veronelli.