di Luigi Veronelli

Per Veronelli, in questo testo del 1998, l’assaggio è un atto individuale di conoscenza sensibile e, contemporaneamente, atto di umilità gnoseologica. Al centro non sta l’ego, più o meno spropositato, del degustatore, ma è solo il vino a dover occupare la scena. Chi gli si avvicina – per assaggiarlo e giudicarlo – deve quasi inchinarsi, azzerare i propri pregiudizi e, con rispetto, “ascoltare”. E “ascoltare un vino” è, infatti, una delle più significative espressioni idiomatiche veronelliane, nata da una sorprendente sinestesia.

Il vino è un valore reale che ci dà l’irreale, era uno dei miei motti di qualche anno fa.

Oggi gli preferisco: il vino è il canto della terra verso il cielo.

Il rapporto con il vino è un rapporto fra due soggetti.

Foto L. Monasta

Il suo fascino è che ha una sua capacità autonoma, che non è condizionata da me: io mi metto nei suoi confronti in un rapporto dialettico, come con un ente vivente.

Il vino a me dà piacere non per quello che io sento, ma per quello che mi sembra esprimere il vino.

Foto di M. Monasta

Alla fine sono io invaso da lui, sono io posseduto da lui, dalle sue qualità, dai suoi racconti e mi sembra di possederlo, ma poi il risultato è una bottiglia vuota.

Nel momento del contatto è stato lui più importante, io giudico bene un vino e ho piacere se è lui protagonista e non io.

Per cui direi che ogni singolo vino è capace di darti qualcosa di diverso. Qualcosa di meno complesso di un testo di filosofia, ma nello stesso tempo più completo per la sua fisicità, per la sua trasformazione inversa: dal reale all irreale, invece che dall’irreale al reale, come vorrebbe la filosofia, sempre passando dall’esperienza soggettiva individuale. (…)

Nel Simposio Platone parla proprio di questo.

Io bevo il vino perché mi piace, lui mi fa larghe dichiarazioni. 

Quando un vino è importante continua la sua possessione di noi anche dopo averlo bevuto.

Questo mi piace, c’è un apporto demoniaco: il sentirmi in possesso di un altro, questa assenza capace però di ragionamento, questa consapevolezza di essere suo e non più mio, mi affascina e per contro mi darebbe un gran turbamento quando immaginassi che questa presa di possesso diventasse definitiva.

È gradevole, invece, perché capisco che sono fuori di me ma con la certezza di riprendere possesso di me, perché voglio tornare a essere, dopo un certo limite, il protagonista.
Sì, in tutto questo c’è un piacere illecito.

(Luigi Veronelli, Ex vinis, dicembre 1998pagg. 22 e 23)

Veronelliana è un luogo immaginario in cui far convergere temi, testi, immagini, divagazioni che siano fioriti o possano sbocciare intorno alla filosofia di Luigi Veronelli.
Non un luogo del ricordo, ma di elaborazione, invenzione e connessione.

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