Viticoltura biologica, vitigni autoctoni e valorizzazione dei territori

di Alessandra Piubello

Foto L. Monasta

Negli ultimi decenni si è parlato, in toni spesso sensazionalistici, di rinascimento della vitivinicoltura siciliana. Di fatto la regione, che assomma 23 Doc e una Docg e detiene il primato italiano per superficie vitata con i suoi 98.992 ettari sui 660.000 nazionali, conta un comparto produttivo quanto mai eterogeneo, guidato da famiglie storiche e animato da piccole e grandi aziende agricole, impegnate a fare leva sulle caratteristiche pedo – climatiche mediterranee, sulla eterogeneità di suoli, da lavici a calcarei a tufacei, e su vendemmie che, a seconda della zona, si svolgono tra agosto a novembre.

Non passa inosservato il fatto che la regione sia al primo posto in Italia per i vigneti coltivati in biologico: in base agli ultimi dati disponibili, nel 2017 ne annoverava 35.900 ettari, pari al 34% della produzione nazionale.

Con vent’anni di investimenti e di studi scientifici sui vitigni autoctoni alle spalle, l’antica Trinacria conferma la volontà di riscoprire le sue radici viticole al fine di rendere più identitaria la sua produzione.

In generale, l’annata 2018 è stata perturbata in agosto da bombe d’acqua e temporali, a conferma di un inesorabile cambiamento climatico, e ha sfidato le capacità dei produttori isolani.

L’Etna si conferma in crescita vertiginosa, in virtù di un lavoro di valorizzazione dei suoi vitigni autoctoni come il nerello mascalese, il nerello capuccio e il carricante che traggono le loro peculiarità da un microclima unico, da terreni vulcanici, da vigneti ad alberello spesso prefilosserici. Sugli scudi dunque gli assaggi etnei, con una compagine di produttori autoriali che dimostrano un livello di rara maestria nel racconto di vini vibranti, caratteriali, di vivida tensione gustativa.

Nella zona occidentale, il grillo e lo zibibbo sono stati favoriti da una maturazione prolungata delle uve, che ha consentito la formazione di aromi complessi, mantenendo una gradevole freschezza al palato.

Dalla Val di Mazara sortiscono catarratto e inzolia interessanti.

A nord est i Faro splendono di una luminosità rara, ogni anno confermata, grazie all’abilità di alcuni produttori.

Il Nero d’Avola si presenta con caratteristiche diverse e spesso contraddittorie. Abbiamo apprezzato quei Nero d’Avola lontani da fuorvianti tentazioni sovraestrattive, misurati in termini di alcol e di gestione del legno. Non vanno taciute le potenzialità – soprattutto in termini di bevibilità – del perricone, nel più profondo entroterra siculo e, più a sud, del frappato.

Dagli assaggi dell’unica Docg siciliana, il Cerasuolo di Vittoria, emergono alcuni esemplari ben riusciti, dalle interessanti possibilità di evoluzione nel tempo.

Sempre all’altezza delle aspettative si rivelano i vini dolci o da meditazione più storicamente rinomati, come i Marsala e i Passito di Pantelleria. Sul versante meridionale dell’isola, va menzionato il Moscato di Noto, dai sentori mediterranei di fichi e albicocca, mentre al nord nelle Isole Eolie la Malvasia di Salina e delle Lipari ci riservano brillanti interpretazioni, generose di sfumature territoriali e varietali.

TRE VINI QUOTIDIANI

a cura della Redazione

vino Sicilia
Foto L. Monasta

Tra i numerosi presenti in Guida, vi segnaliamo tre assaggi, tre vini che trovate in vendita tra i 10 e i 20 euro.

Vino Sicilia

Sicilia Grillo Rocce di Pietra Longa 2018
Centopassi

Dal vigneto impiantato nel 2004 in Contrada Pietralunga, comune di Monreale e coltivato secondo il regime della viticoltura biologica, arrivano le uve grillo di questo cru figlio di terreni argillosi e ricchi di scheletro. Intensità è la parola chiave di questo vino: colore giallo paglierino, profumi mediterranei, bella acidità. Vince, su tutto, una bellissima sapidità.
Centopassi è l’anima vitivinicola delle cooperative Libera Terra che coltivano terre confiscate alla mafia in Sicilia.

vino Sicilia

Palmento di Salina Rosso 2018
Antonino Caravaglio

Le uve – prodotte in regime di viticoltura biologica- sono nerello mascalese, nerello cappuccio e quel corinto nero, uva regina del perimetro eolico, che nel IXX secolo fece grandi queste isole nell’Europa, in forma non di vino ma di passolina. Con questo terzetto d’uve, che celebra l’incontro tra Sicilia e l’arcipelago delle Lipari, Nino Caravaglio, tenace e appassionato vignaiolo eoliano, fa questo vino. Che ricorda, al colore e al naso, una manciata di marasche selvatiche offerte al calore del sole, con quel rosso porporino, mai sfacciato e assai suadente. Niente di carico in questo bicchiere. Ma attenzione! Non provate a dire che si tratta di un «rosato » perchè il vignaiolo – sempre garbato – potrebbe andare su tutte le furie: «Questo non è un rosato à la page. Questo è il vino rosso come lo ricordo io nella mia infanzia, fatto in queste isole, anche da mio padre». Franchezza e intensità. Sorsi di freschezza e gioia di rimandi.

vino sicilia


Cerasuolo di Vittoria Floramundi 2017
Donnafugata

Siamo a Vittoria, al centro dell’unica Docg siciliana. A fondare la città nel 1607 fu Vittoria Colonna Henriquez-Cabrera. Piana agricola fertile che guarda al mare, dove Donnafugata ha intrapreso il suo impegno nella Sicilia orientale. José Rallo, co-titolare e amministratrice delegata di Donnafugata, racconta: «Floramundi è una figura femminile fantastica che porta in dono intrecci di fiori e di frutti. È un dialogo tra due anime, quella elegante e sofisticata del Liberty Floreale, di cui Vittoria è ricca di testimonianze, e quella affascinante e suggestiva della tradizione dei Pupi». Un dialogo tra Nero d’Avola e Frappato, tra polpa ed eleganza, che ha moltissimo da raccontare. E da farci immaginare.

Per incontrare tutti i vini siciliani selezionati e segnalati, scarica la App I Vini di Veronelli

LUOGHI DEL BUON BERE

a cura della redazione

Siamo a Chiaramonte Gulfi, borgo medievale in una splendida cornice naturale, conosciuto come il balcone di Sicilia, per l’ampio e unico panorama.

Majore
Chiaramonte Gulfi (RG)

Vino Sicilia

«Qui si magnifica il porco». Così sta scritto su un’epigrafe, tra gli affreschi della saletta dello storico ristorante, già in attività cuciniera nel 1896. I proprietari Latorre-Majore, ormai alla quarta generazione nella gestione, sono attenti conservatori della ricchezza culturale e gastronomica del territorio.

La cucina è incentrata sui prodotti dei Monti Iblei. Ne consegue che il protagonista non può che essere il maiale autoctono, di cui si propongono preparazioni come la Gelatina di maiale, preparata con i tagli nobili del suino o la golosissima Costata ripiena, ideata dal fondatore. I gestori si occupano anche di ogni fase della lavorazione degli insaccati: salami, salsicce (ottime grigliate con abbondante finocchietto selvatico, come da tradizione) e il capocollo, prodotto con la parte terminale della costata che, dopo la salagione e un breve passaggio nel Cerasuolo di Vittoria, stagiona due mesi. Una delizia.

In cantina vini del territorio, nazionali e internazionali, ampia scelta di bollicine e una selezione importante di distillati e vini da meditazione. Nel corso degli anni la ricerca delle migliori etichette è diventata un’autentica passione.

Majore
Via Martiri Ungheresi, 12
Chiaramonte Gulfi (RG)
Tel + 39 093 2928019 – www.majore.it

Per conoscere gli altri Luoghi del buon bere in Sicilia scarica l’App I vini di Veronelli

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Alessandra Piubello

Giornalista e scrittrice veronese, degustatrice professionista, è Direttore di numerosi periodici e autrice di libri e reportage di turismo gastronomico. Vanta collaborazioni con testate di rilievo nazionale e internazionale ed è presenza costante nelle commissioni dei più rinomati concorsi enologici al mondo.