Veronelliana” è un luogo immaginario in cui far convergere temi, testi, immagini, divagazioni che siano fioriti o possano sbocciare intorno alla filosofia di Luigi Veronelli.
Non un luogo del ricordo, ma di elaborazione, invenzione e connessione.

CulturaMateriale_Veronelli

L’uomo e il suo nutrimento

Piero Camporesi e Luigi Veronelli: il dialogo possibile
di Alberto Natale*

A prescindere dal fatto che Piero Camporesi e Luigi Veronelli fossero coetanei (nati nello stesso anno e nello stesso mese), il comune e profondo interesse per la cultura materiale e per la civiltà contadina pone i due studiosi sullo stesso piano di ricerca, proposto naturalmente all’interno delle rispettive e diverse peculiarità con cui studiavano le basi culturali dell’esistenza quotidiana degli uomini.

Tali affinità richiedono un’indagine aperta a contributi plurali nei campi delle discipline umanistiche e scientifiche, confermando in tal senso il metodo di indagine che caratterizzava la ricerca di Piero Camporesi e l’analisi di Luigi Veronelli, che consiste nell’osservare le relazioni culturali tra gli uomini e gli atti alimentari attraverso gli snodi della lunga durata in cui si dipana la civiltà umana.

La terra e la tavola sono luoghi e raccordi fondamentali del sapere storico e sociale e ripercorrerli significa avvicinarsi – forse più che con altre tecniche esplorative – all’essenza e alla centralità dell’esperienza umana nel suo complesso.

Piero Camporesi Luigi Veronelli


Coltura e cultura

La cultura ha una relazione diretta con i prodotti della terra, il vino e tutti quelli che Luigi Veronelli chiamava “giacimenti gastronomici”. Basti ricordare che il verbo latino ‘coleo’ – coltivare – è la base etimologica, allo stesso tempo, di ‘coltura’ e di ‘cultura’ (e anche di ‘culto’, a testimoniare che anche le religioni, secondo lo storico Yuval Noah Harari, discendono da un “patto agrario” tra gli uomini e gli dei).

L’uomo, del resto, ha trasformato la natura in cultura (nel bene e nel male) già a partire dai comportamenti agricoli del creare un campo e poi coltivarlo; ogni atto in tal senso ha un profondo connotato culturale. Ma anche la vita pre-agricola delle origini richiedeva cultura e conoscenza: occorreva discriminare il commestibile dall’inutile o nocivo, inventare strategie di caccia e di raccolta, conoscere il territorio, studiare piani alternativi nel venir meno delle risorse alimentari disponibili. In sostanza: la relazione tra l’uomo e il suo nutrimento è sempre stata culturale, così come è tipicamente culturale la ricerca del gusto e la deliberata ricerca delle trasformazioni degli alimenti, compreso naturalmente il gusto per l’inebriante, tipico della cultura delle fermentazioni e, di conseguenza, del vino.


… la terra …

«La terra, la terra, la terra» è una delle più significative tra le tante frasi coniate da Luigi Veronelliper evocare la visceralità del legame tra l’uomo, il suo lavoro e i suoi frutti.

Quel legame chiamato ruralità.

Come sottolineava Roland Barthes la ripetizione, non si sa se giovi, ma sicuramente ‘significa’. E nell’esortazione di Veronelli, in quel triplice richiamo alla terra, è racchiuso non soltanto l’imprescindibile richiamo a quell’obbligato punto di partenza della catena alimentare, su cui tutto il resto poggia, ma anche la lettura tripartita di una concezione totalizzante di quella crosta planetaria che, spesso, senza troppo pensarci calpestiamo con i piedi.

La terra è la ‘mineralità’ del suolo, quella componente variabile e spesso irripetibile, che caratterizza le proprietà chimiche che filtrate dal vitigno producono le essenziali e fondamentali tipicità del vino, nelle cui risonanze di gusto, odori e sapori, le peculiarità del sostrato tornano ad esprimersi raggiungendo il nostro palato. Penso – per fare un esempio tra i tanti – alla componente salina che caratterizza i vini dell’area geografica delle Cinque Terre, che penetra nel terreno trasfusa dal mare.

Ma la terra e anche l’humus, lo strato fertile per eccellenza, quel sottile ma fecondo prodotto dell’opera trasformatrice degli elementi climatici e dell’azione generatrice delle acque, il grumo terrestre che scandisce l’intero ciclo della vita e in cui la vita stessa viene riassorbita.

La terra, infine, è il territorio, lo spazio geografico, storico e soprattutto culturale a cui facciamo abitualmente riferimento quando evochiamo i costumi alimentari, le tradizioni gastronomiche e tutte quelle attività in cui homo sapiens fonda la sua civiltà, radicata pur sempre nella base alimentare che gli fornisce sopravvivenza.

«All’infinito la terra», aggiunge Veronelli, perché la terra è la matrice della ciclicità per eccellenza, lo spazio in cui tutto si ripete, magari non per l’eternità – specialmente se non saremo capaci di dare uno sviluppo sostenibile al nostro futuro – ma sicuramente nella concezione ciclica delle stagioni e del tempo che si ripiega su se stesso «camminando la terra», Veronelli ha incontrato le migliori energie del paese, donne e uomini che con il loro lavoro e i loro prodotti hanno creato e creano le premesse per la rinascita economica e sociale dell’Italia.


«Camminare la terra» e «Camminare il mondo»

«Camminare la terra» è una rappresentazione di metodo che è, al tempo stesso, invito, manifesto, testamento e profezia che richiama inevitabilmente quel «Camminare il mondo», l’ultimo libro di Piero Camporesi dedicato al protomedico Leonardo Fioravanti, nel cui metodo di lavoro emergono la formazione eclettica e le proposte per un futuro, auspicabile e necessario, al cui centro siano la terra e la cultura materiale.

Piero Camporesi Luigi Veronelli

Da questi percorsi, comuni a Veronelli e Camporesi, possiamo guardare all’idea di uno “specialista del cibo” come autentica figura professionale, che mira a esaltare le produzioni agroalimentari nelle forme elevate del gusto e della qualità dei cibi e che riconosce la maestria nell’elaborazione dei prodotti e nella cultura delle arti della tavola.

Per far ciò diviene sempre più necessario studiare le dinamiche culturali del cibo e del vino, dalle sue origini alla produzione e al consumo. Occorre conoscere i territori, le produzioni locali, e i mercati: ma soprattutto, mentre si è impegnati in una tale complessa e affascinante ricognizione, occorre ricordare sempre il lungo percorso storico che i nostri antenati hanno maturato nel tempo in relazione con le fonti alimentari, mescolando inevitabilmente natura e cultura, necessità, convivialità e rito, lotta per la sopravvivenza e insieme, festa, euforia e gioia di vivere.



ALBERTO NATALE

Alberto Natale è nato a Bologna il 21 dicembre 1953. Si è laureato al DAMS all’Università di Bologna con Piero Camporesi. Ha fatto poi parte del suo gruppo di ricerca, rivolgendo il suo interesse e i suoi studi alla letteratura di consumo nell’età moderna.

Oggi è membro del comitato scientifico del Centro Studi intitolato allo stesso Piero Camporesi presso il Dipartimento di Filologia Classica e Italianistica dell’Università di Bologna. Il Centro si propone di mantenere viva la lezione dell’eminente italianista (ma anche storico e antropologo, come spesso è meglio conosciuto fuori dell’Italia) a partire dalla valorizzazione della biblioteca e dell’archivio personale dell’autore, acquisita dal Dipartimento.

Natale ha studiato i rapporti tra Giulio Cesare Croce e la letteratura di piazza, i temi del mostruoso in Tomaso Garzoni e gli usi propagandistici della paura nella letteratura di consumo del xvii e xviii secolo.

Seguendo la pista camporesiana dell’antropologia alimentare, si è occupato delle trasformazioni simboliche dell’immagine degli alimenti nella società e nella letteratura e delle narrazioni del cibo nel racconto cinematografico.

Ha partecipato all’attività didattica del corso Cibo e comunicazione – del Corso di Laurea in Scienze Gastronomiche presso l’Università di Parma; collabora attivamente alla rivista del Dipartimento di Filologia Classica e Italianistica dell’Università di Bologna, Griseldaonline, nella quale ha pubblicato numerosi contributi.

Alcune pubblicazioni di Alberto Natale

La piazza delle crudeltà e delle meraviglie, in E. Casali, B. Capaci (a cura di), La festa del mondo rovesciato, Bologna, Il Mulino 2002;
I mostri in fuga dal Serraglio, in E. Casali a cura di, Sculture di carta e alchimie di parole, Bologna, Il Mulino 2008;
I mostri in fuga dal Serraglio, in E. Casali a cura di, Sculture di carta e alchimie di parole, Bologna, Il Mulino 2008;
Gli specchi della paura. Il sensazionale e il prodigioso nella letteratura di consumo, Roma, Carocci 2008;
Percorsi infernali in Piero Camporesi, in Piero Camporesi, a cura di Marco Belpoliti, “Riga”, n. 26, Marcos y Marcos 2008;
– Food Movies. L’immaginario del cibo e il cinema, Bologna, Gedit 2009;
Formaggi nella letteratura, in Banchetti letterari, a cura di Gian Mario Anselmi e Gino Ruozzi, Carocci 2011;
Barbari benefici o apocalisse? Come la letteratura interpreta le mutazioni del presente, in Itinerari nella letteratura italiana, a cura di Nicola Bonazzi, Andrea Campana, Nicolò Maldina, Carocci, 2013;
Camporesi viaggiatore, nel paese della fame e della paura, in Il gusto della ricerca. A proposito di Piero Camporesi, a cura di Gian Mario Anselmi, Il Saggiatore, 2018.