Nangalarruni
Castelbuono (PA) 

a cura di Simonetta Lorigliola

Intervista a Giuseppe Carollo, patron del Nangalarruni

Stanco di girovagare per l’Europa, Carollo decide di ritornare in Sicilia nel suo paese di origine in provincia di Palermo, Castelbuono. Siamo agli inizi degli anni Ottanta e lui rileva una trattoria, in paese.

Di quel locale gli piace tutto, compreso il nome, Nangalarruni, un sinonimo di Marranzano: tutti lo conosciamo come Scacciapensieri e ognuno sa che accompagna diversi canti popolari siciliani. Il suo suono è  quasi diventato un tratto distintivo in molte colonne sonore di pellicole ambientate sull’isola.

Ma vi si è cimentato con successo anche il jazzista Dizzy Gillespie.

Nel locale dei Carollo si parte dalla musica, dunque, e si compongono curate melodie gastronomiche.

Quando nasce la vostra attività e con quali motivazioni e obiettivi?

Il 1984 è il nostro anno di apertura, avvenuta con un fine preciso: cucinare il territorio. Questo significa soprattutto materie prime da piccoli produttori del luogo. L’obiettivo principale era ed è dare un valore gastronomico ai nostri prodotti, attraverso le antiche ricette, viste in chiave un po’ più moderna, ma senza stravolgerle.

Quale è la filosofia che vi guida nel mestiere di ristoratori?

Far sentire a casa tutti quelli che varcano la soglia del nostro ristorante. Il dialogo, il calore che possiamo trasmettere ai nostri clienti. Vogliamo farli stare bene sia con la nostra cucina, che con la gentilezza al tavolo. I clienti non sono numeri, ma persone. Spesso vengono da noi non solo per pranzare o cenare, ma per stare come in famiglia.

Quali sono i valori a cui non vorreste mai rinunciare nel vostro lavoro?

L’onestà, il buon rapporto con i nostri ospiti, la cortesia, la professionalità, la disponibilità. E, non ultimo, il sorriso.

Giuseppe e Francesca Carollo con lo Staff

La cantina del Nangalarruni: come nasce, come la gestite e su quali scelte si basa?

Sono un appassionato del vino e ho costruito la cantina in base alle mie esperienze. Ho girato tutta l’Italia andando per cantine, ho conosciuto tanti vignaioli ed enologi. Ho sempre cercato di capire le loro filosofie, facendomi spiegare il come e il perchè del loro operare, da loro stessi. 

E soprattutto, bevendo insieme a loro, mi sono costruito una cultura personale. Oggi riesco a trasmettere tutto questo ai miei clienti che, più di ieri, sono interessati al mondo del vino. 

La mia carta dei vini conta circa 600 etichette, ed è un giro « enopanoramico» di quasi tutta l’Italia. Naturalmente c’è tanta Sicilia. E non manca qualche puntata all’estero. 

Vi posso garantire che i vini della mia cantina li ho assaggiati proprio tutti. 

Ultimamente ho aggiunto anche vini naturali ed ancestrali.

Per concludere, le mie scelte si orientano per lo più su vini non convenzionali, quelli di piccoli produttori semisconosciuti.
Anche il rapporto tra qualità e prezzo è importante.

Quali i piatti simbolici, importanti che caratterizzano la vostra offerta gastronomica?

Come dicevo prima, soprattutto piatti del territorio e stagionalità. Cambiamo menu quattro volte l’anno, con il susseguirsi delle stagioni.

Sono un grande appassionato di funghi e di vegetali spontanei: da noi i vegetariani fanno festa. Cito i  Funghi gratinati con verdure di campo, ricotta di pecora e caciocavallo affumicato, la Zuppa di funghi, legumi bio e cicoria e lo Sformatino di panecotto con vellutata di pomodoro e origano, un  piatto della nonna, quando non si buttava nulla e il pane raffermo veniva riutilizzato, come dimostrano anche le Polpette di pane, uova, pecorino, prezzemolo e menta

La pasta la facciamo noi, ogni giorno. E quindi ricordo anche la Pasta e patate con funghi di bosco e fonduta di caciocavallo, per esempio. 

Tra i secondi il nostro piatto più rappresentativo è il Filetto di maialino nero, in crosta di manna, mandorle e pistacchi, o anche il Filetto di vacca scottato con funghi e tartufo nero madonita.

I dessert sono tutti di nostra produzione. Ricordiamo, tra questi, la Testa di turco, dolce tipico della tradizione castelbuonese e il Semifreddo alla manna con cannella e miele di castagno.

Filetto di maialino nero in crosta di manna, mandorle e pistacchi

Parliamo delle persone coinvolte nel lavoro quotidiano: chi sono e cosa fanno nel locale?

Lo staff è composto da nove ragazzi. In cucina c’è mia figlia Francesca, 26 anni, cresciuta con me, qualche stage in giro, e adesso è la responsabile della brigata, composta da altri quattro ragazzi, che da più anni collaborano con noi. 

In sala, tre ragazze e mio nipote Davide, recentemente diplomato Sommelier AIS, come me molto appassionato di vini e di sala: parla bene l’inglese e il francese. Le ragazze che si occupano del servizio sono preparate, gentili e sorridenti: fanno il loro lavoro con passione.

Come sta andando in questo periodo difficile?

Devo dire che, tutto sommato, per il periodo nero che stiamo attraversando, quando siamo stati aperti abbiamo lavorato bene, qualche mese addirittura meglio dello scorso anno, e questo ci fa ben sperare, per il futuro. Siamo ottimisti, ma ci auguriamo che passi in fretta…

Nangalarruni 
Via Confraternite 7
Castelbuono PA
hostarianangalarruni.it

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Simonetta Lorigliola

Simonetta Lorigliola, giornalista e autrice, si occupa di  cultura materiale. 
È nata e cresciuta in Friuli. Ha frequentato l’Università degli studi di Trieste, laureandosi in Filosofia. È stata Responsabile Comunicazione di Altromercato, la principale organizzazione di Commercio equo e solidale in Italia. Ha collaborato con Luigi Veronelli, nella sua rivista EV Vini, cibi, intelligenze e nel progetto Terra e libertà/critical wine. Ha vissuto in Messico, ad Acapulco, insegnando Lingua e cultura italiana. Ha diretto Konrad. Mensile di informazione critica del Friuli Venezia Giulia. Da molti anni collabora con il Seminario Veronelli per il quale è oggi Responsabile delle Attività culturali. La sua ultima pubblicazione è È un vino paesaggio (Deriveapprodi, 2018).
Foto di Jacopo Venier