HORS-D’OEUVRE di Pietro Stara

Se si dovesse pensare a un relazione tra cibo e salute, in un percorso di oltre duemila anni, non si potrebbe che fare riferimento alla norme medico-dietetiche edificate dalle teorie ippocratico-galeniche sugli umori. 

Illustrazione tratta dal Libro delle ore intitolata Janvier, Très Riches Heures du Duc de Berry (1410-1416).
Fra i commensali, al centro della scena, un cardinale. Tra i servitori, a sinistra, vestito di blu, il cantiniere e, al centro, vestito di verde, il tagliatore di carni. A destra, sul tavolo, un prezioso portaspezie in oro a forma di nave.


Cibo, vino e umori

Le ragioni, come sempre, sono molteplici: una visione filosofica del mondo e degli elementi (aria, acqua, terra, fuoco) che lo costituiscono; la stretta relazione tra gli elementi istitutivi e la nozione di equilibrio; la composizione del corpo umano e la composizione degli elementi della natura; il rapporto tra questi, la costituzione fisica e le età dell’uomo; i punti cardinali della terra e il loro rapporto con le stagioni, le età e la composizione umorale; l’impossibilità di agire sul corpo con la chirurgia; infine, ma è una cognizione alto medievale, lo stretto vincolo tra gli elementi individuali umani, la gerarchia degli elementi naturali e la gerarchia sociale da cui proviene l’antico detto (non di epoca romana a cui erroneamente viene attribuito): de gustibus non disputandum est


Dei gusti non si discute

Questa locuzione, sebbene riconosca a tutti i gusti la medesima legittimità, d’altro canto sottolinea come la scelta dei cibi non possa in alcun modo ricadere sulla semplice elezione individuale, questo sì scivolamento semantico e politico della nostra contemporaneità, ma che debba in ogni modo ancorarsi alla classe sociale di appartenenza. 

I cibi ed i vini che fanno bene al corpo sono, secondo la logica medievale, sono sì quelli legati alla propria costituzione, all’età, alle stagioni, ma devono necessariamente essere adeguati alla propria condizione di classe.


Le rape e fagioli: cibo salvavita di Bertoldo

Ancora nel 1606, nella famosissima opera di Giulio Cesare Croce, Le sottilissime astutie di Bertoldo, l’epitaffio che Alboino (Pannonia, 530 circa – Verona, 28 giugno 572), re dei Longobardi, legge al cospetto del gran contadino e giullare di corte, Bertoldo, contiene le seguenti parole:

In questa tomba tenebrosa e oscura,
Giace un villan di sì deforme aspetto,
Che più d’orso che d’uomo avea figura,
Ma di tant’alto e nobil’intelletto,
Che stupir fece il Mondo e la Natura.
Mentr’egli visse, fu Bertoldo detto,
Fu grato al Re, morì con aspri duoli
Per non poter mangiar rape e fagiuoli.

Insomma, Bertoldo, alla corte del re, è costretto a mangiare cibi e a bere vini convenienti alla nobiltà e che non si addicono al suo stato sociale: tant’è che, alla fine, muore con aspri dolori per non aver potuto mangiare rape e fagiuoli (che gli avrebbero fatto bene). 


Platina, il piacere onesto e la buona salute

Bartolomeo Sacchi (1421-1481), soprannominato Platina perché originario di Piadena (Mantova), primo direttore della Biblioteca Vaticana incontra, intorno al 1460, Maestro Martino da Como cuoco personale del Patriarca di Aquileia a Roma. 

Da una grande considerazione e ispirazione personale il Platina scrive, con debito imperituro al Maestro Martino, uno dei testi più rilevanti della storia della gastronomia che si affaccia all’epoca moderna: De honesta voluptate et valetudine (Il piacere onesto e la buona salute). 

Dettaglio del dipinto di Melozzo da Forlì, Sisto IV nomina il Platina prefetto della Biblioteca Vaticana

Pubblicato dapprima in lingua latina a Roma nel 1474, poi a Venezia nel 1487 in italiano e, quindi, in tutta Europa, viene tradotto in francese, tedesco e inglese: De honesta voluptate et valetudine non è solo un testo di ricette, di cui 240 devono la propria paternità al Maestro Martino e suo Libro de arte coquinaria, composto intorno al 1450 e pubblicato soltanto nel 1480, ma è anche una dissertazione intorno all’arte della cucina, ai prodotti della natura, ai piaceri della tavola, alla dietetica, all’igiene alimentare.

Il decimo paragrafo del Libro primo ha un titolo che è piacevolmente lungimirante: collega il godimento della vita, sessualità compresa, alle prescrizioni dietetiche e queste, a loro volta, trovano ristoro nella teoria degli umori: «Che cosa si debba osservare per godere piacevolmente la vita»

I consigli del Platina per un onesto godimento

Ecco, dunque, i suoi consigli:

« (…) Questo corpo che ci regge in vita è costituito da quattro umori: il sangue, la bile rossa che è detta anche collera, la bile nera detta anche malinconia, il flegma che in latino viene chiamato pituita, vale a dire catarro. Il sangue ha sede nel fegato, la bile rossa nei precordi, la bile nera nel fianco sinistro e per la precisione nel fiele; la pituita tormenta Ia testa e lo stomaco e di qui scende nella vescica e nei reni con pericolo per l’uomo. Il sangue è umido e caldo e può essere paragonato con la primavera; la collera, asciutta e calda, con l’estate; la malinconia, asciutta e fredda, con l’autunno; la pituita, fredda e umida, con l’inverno.

Da maggio ad agosto, poco vino e niente rapporti sessuali

Questi umori si comportano alla stessa maniera delle sostanze elementari, le quali crescono conforme alle stagioni: il sangue aumenta nel periodo che va dall’ottavo giorno prima delle Idi di febbraio all’ottavo prima delle Idi di maggio, nel quale conviene nutrirsi con cibi leggeri e temperati, per cui è bene mangiare meno e bere di più, cioè vino allungato, usare carni e verdure, gli arrosti un po’ più che i lessi, mentre il coito in questa epoca si può praticare tranquillamente. La bile rossa cresce dall’ottavo giorno prima delle Idi di maggio fino a prima delle Idi di agosto: in questo periodo si prendano alimenti umidi e freddi, si mangi carne arrosto, non molta ma frequentemente, si allunghi molto il vino per togliere la sete e per rinfrescare il corpo, e si cerchi in ogni modo di astenersi dai rapporti sessuali.

Da agosto a dicembre cibi piccanti, poche verdure e sesso moderato

La malinconia domina dall’ottavo giorno prima delle Idi di agosto fino all’ottavo prima delle Idi di novembre: in questo periodo conviene usare alimenti piccanti e acidi e non affaticarsi eccessivamente. Il flegma, o se preferisci chiamarlo pituita, prevale dall’ottavo giorno prima delle Idi di novembre fino all’ottavo prima delle Idi di febbraio: in questo periodo si deve mangiare molto, bere meno vino ma schietto, mangiare più pane del solito, usare carne a lesso più che arrosto, non troppe verdure; conviene poi prendere cibi caldi, mentre i rapporti sessuali, purché praticati in ragionato rapporto con la nostra costituzione fisica, non sono pericolosi.

E sempre si mastichi per bene…

Chi seguirà per norma questi suggerimenti, che io do non per mio arbitrio ma seguendo ciò che la natura consiglia per il nostro benessere, e nel corso dell’anno baderà alle cose che giovano e a quelle che sono nocive, potrà trascorrere la vita piacevolmente stando in buona salute e non avrà bisogno dell’intervento e dell’opera del medico.

A tutti raccomando una sola cosa, e cioè di non inghiottire nessun alimento senza averlo prima ben masticato, non come sono soliti fare molti per eccessiva ingordigia: lo stomaco, affaticato dalla digestione, può infatti essere spinto a vomitare con dolore dei precordi.

Triturandolo per bene, si cerchi perciò di rendere più morbido il cibo che dobbiamo smaltire: con questo accorgimento aiuteremo lo stomaco a digerire perfettamente le cose che abbiamo masticare». 


HORS-D’OEUVRE curiosità dalla storia
Una piccola rubrica «fuori opera». Il termine hors d’oeuvre nacque in ambito edilizio, per indicare le parti accessorie e non necessarie di una costruzione. Traslate successivamente in ambito culinario, le hors d’oeuvre comparvero per la prima volta nel 1714 come piatti che precedevano il pasto principale e prima delle entrée, i veri e propri antipasti, con cui vennero successivamente confuse. La loro funzione era quella di stimolare l’appetito, così come cercherà di fare questa rubrica: curiosità storiche in ambito culinario e vitivinicolo che incoraggino l’approfondimento e la sperimentazione.

Pietro Stara

PIETRO STARA

Pietro Stara dimora e lavora a Genova. Ha collaborato lungamente con il blog Intravino e ne ha uno proprio: vinoestoria. Ha scritto un libro di storia del vino, Il discorso del vino: origine, identità e qualità come problemi storico-sociali per i tipi della Zero in Condotta di Milano e ha collaborato con alcune riviste cartacee: «SpiritodiVino», «Millevigne», «Pietre Colorate».

Insegna Antropologia nel Master di Wine Culture e Communication presso l’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo (Bra).