L’Approfondimento di Gigi Brozzoni

Mercoledì 21 agosto 2019, Wine News ci ha raccontato la bella storia del matrimonio enologico tra Puglia e Veneto, ovvero tra Primitivo di Manduria impersonato da Bruno Vesta e Amarone della Valpolicella impersonato da Sandro Boscaini: officiante Riccardo Cotarella e testimoni Michele Emiliano per la Puglia e Luca Zaia per il Veneto. Un matrimonio con due elementi maschili, Primitivo e Amarone, e due femminili, Manduria e Valpolicella, i territori che come un grande seno nutrono le viti. I coniugi generano un figlio che viene chiamato Terregiunte – Vino d’Italia.

Continua Wine News: “Nascono così 12.000 bottiglie … e 500 magnum che sono un inno ai Fratelli d’Italia” Non ci dicono, però, se per l’occasione, e visti i tempi quasi elettorali, ci sia stato anche il saluto (romano?) di Giorgia Meloni.

Nessuno degli interpreti ci ha raccontato, però, che i rapporti tra la viticoltura di Puglia e quella del Veneto iniziarono molto tempo fa, forse 80 o 90 anni fa, e non si limitarono a portare un poco di vino ultraenergetico pugliese nella anemica viticoltura della Valpolicella, ma fu molto più feconda di quanto non si creda. Allora, questa storiella che non ha nulla di scientifico e storico ma che ha raccolto fatti e parole di tante persone del mondo del vino, ve la raccontiamo noi.

Si era seduti negli anni Settanta, a un tavolo di Bottega Vini a Verona, ora chiamata Antica Bottega del Vino, e ci si chiedeva come avesse fatto a metà del secolo ventesimo il Recioto della Valpolicella, erede dei millenari Acinatici latini, a mutare in Recioto “sciapat”, cioè scappato, al controllo dei cantinieri, trasformando tutti gli zuccheri in alcol e diventare, quindi, secco e asciutto. Amarone suggerì qualcuno. Qualcun altro raccontò del tanto Manduria che a quell’epoca arrivava in Valpolicella con le cisterne piene di vino ma anche di solo mosto che sarebbe fatto fermentare in loco. Ne abbiamo avuto conferma anche da un amico figlio di vinificatori e commercianti di vini pugliesi, che anche a Bergamo arrivavano cisterne di profumatissimo mosto che nelle cantine locali veniva fermentato e trasformato in vino tipico della Valpolicella senza che la Valpolicella l’avesse mai vista.

Probabilmente erano questi i vini apprezzati e decantati da un celebre scrittore americano uso a passeggiar al di là del fiume tra gli alberi. Ma cosa aveva questo mosto di Primitivo che riusciva a trasformarsi in vino con 16 gradi e anche più di alcol quando si diceva che i nostri lieviti non riuscissero a fermentare quando si superavano i 13-14 gradi? A dirtel tosto, come diceva un antico poeta (al quale mai nessun fece le pulci), questi mosti portavano in se una buona quantità di lieviti chiamati Bayanus, i quali hanno la particolarità di sopportare gran quantitativi di alcol e di portare a termine fermentazioni con 17-18 gradi alcolici come si trovava, e si trova ancor oggi, nei Primitivo provenienti dalla zona di Manduria. Ed ecco che porta un poco di vino Manduria oggi, porta un poco di mosto di Primitivo domani anche nelle cantine della Valpolicella il Bayanus comincia a insediarsi e qualche volta a prendere il sopravvento sulle normali fermentazioni condotte dal Cerevisiae.

Il passo dalla casualità alla consuetudine è breve soprattutto quando queste anomalie fermentative vengono apprezzate da tutti quanti ebbero la possibilità di assaggiare questi nuovi vini, ovvero questa moderna versione di vini antichi. Nel volgere dei primi anni dopo la seconda guerra mondiale il Bayanus diventa lievito stanziale e il Recioto della Valpolicella Amarone inizierà il suo cammino che lo porterà rapidamente a diventare, con il nome Amarone della Valpolicella, il vino più prestigioso ed apprezzato di tutto il Veneto enoico.

I principali attori veneti di questa commediola sono piuttosto noti e non stiamo a nominarli, come pure non nomineremo nessun viticultore o commerciante pugliese che amava far viaggiare i propri mosti e vini per tutta la penisola in guisa di crocerossina enologica. Per cui ci viene un po’ da sorridere al pensiero delle terregiunte dei giorni nostri.

Per maggior chiarezza avrete certamente apprezzato che non abbiamo fatto alcun nome e come avrete anche intuito il nostro non è che un racconto di pura fantasia. Di quella fantasia che a volte supera la realtà e la storia un po’ sommaria che qualcuno, sempre in buona fede, vorrebbe amabilmente ammansirci.

Con affetto

Gigi


Gigi Brozzoni

Nel 1988 arriva al Seminario Veronelli di cui è direttore fino al 2013. Negli anni Novanta ha curato la redazione dei Cataloghi Veronelli dei vini DOC e DOCG e dei Vini da Favola ; è, inoltre, co-autore del testo Professione Sommelier, edito dalla Casa Editrice Le Monnier di Firenze, primo manuale sul vino per le scuole alberghiere italiane. Dal 1997 è curatore della Guida Oro I Vini di Veronelli.